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58 - SUD AFRICA

13.06.2020

Come ultima tappa dei miei 40 anni lavorativi, mi resta solo di ricordare l'ultima esperienza in termini cronologici e l'ultima prima della mia sospirata Pensione: la consulenza in Sud Africa.

A inizio dell'ultimo anno di carriera, Gérad mi propose una trasferta in Sud Africa, da dove era stato contattato, per andare a verificare una realtà locale, fare insieme un survey, per poi passare un preventivo di consulenza e vedere cosa sarebbe successo.

A inizio febbraio del 2019 ci inviarono due biglietti di Business Class e partimmo con un Airbus 800 verso Johannesburg. Arrivammo là, ci vennero a prendere in aeroporto per portarci, con 2 ore di macchina, a una enorme fabbrica nel paese di Brig.

Appena arrivati ci sistemarono nella sala riunioni e venne a riceverci il giovanissimo responsabile, Direttore Generale, Mr. Zayd. Rimasi subito un po' interdetto non aspettandomi assolutamente una persona simile: un giovane di appena 30 anni, vestito in caffetano bianco e barba lunghissima, da mussulmano praticante. E come lui, altri dirigenti della fabbrica alla stessa maniera. Non mi stupì l'abbigliamento e il fatto che fossero mussulmani, ma mi stupì il trovarmi di fronte a una situazione che non mi sarei aspettato. Intanto, la giovane età di Zayd, poi il fatto che fosse un integralista-praticante, in un paese che reputavo essere Cristiano-cattolico.

Chiesi a Zayd la sua origine e mi disse di essere indiano, quindi Mussulmano sì, ma non Arabo, come ci si aspetterebbe, ma indiano, in Sud Africa, paese di Bianchi e Neri, da poco uscito dalla Apartheid.

L'Africa, per cui avevo lasciato il mio ultimo incarico in SCM, rientrava in modo prepotente, con un contratto che poi Gérard firmò e che ci vede, al momento in cui scrivo, impegnati in una nuova prossima partenza che farà parte di un progetto che ci siamo presi carico di portare avanti per tutto il 2020. Anche questa una bella sfida, forse il maggiore fabbricante di mobili del Paese, quindi presumibilmente di tutta l'Africa: una mega fabbrica di 25.000 metri quadrati da ristrutturare. Fino a questo momento l'esperienza è stata positiva ed interessante anche se la diversità del posto, rispetto a tutti quelli frequentati finora, salta subito alla evidenza.

Due cose mi hanno da subito particolarmente colpito di quel paese così lontano dai nostri standard:

il convivere, all'apparenza pacifico, dopo l'uscita dall'apartheid, di una moltitudine di razze e religioni, e la faccia arrabbiata dei tanti neri locali.

La realtà politica di quel paese è molto particolare: dopo secoli di sottomissione, solo da pochi anni i neri, che sono i padroni del loro paese, hanno ripreso la loro rivincita e detengono adesso il potere, con il problema corruzione che sta emergendo in maniera folgorante anche là. E il Nero, pronunciato senza nessun richiamo razzista da parte mia, l'ho sempre visto, nella realtà e nel mio immaginario, come allegro, con il gusto del canto e della musica. Laggiù non ho avuto questa sensazione, anzi, esattamente il contrario. Poca disponibilità al dialogo e alla confidenza, musi lunghi e arrabbiati appunto.

La zona dove si trova la fabbrica e il suo hinterland, che è poi quello di Pretoria/Johannesburg, sembrerebbe la parte più povera del Paese, dove moltissima gente vive in baraccopoli con piccole "case" in lamiera. È impressionante fiancheggiare questi agglomerati di persone. Non si può comprendere come un umano possa vivere in condizioni simili. In Africa il caldo nella stagione estiva porta a temperature estreme: come si può resistere in una baracca fatta di lamiera? E i servizi igienici?

Ho parlato della favela brasiliana: a confronto sarebbe una reggia per questa gente.

Il Paese, almeno la parte nera di esso, vive nel mito di Nelson Mandela, che è riuscito a farlo uscire dalla Apartheid, instaurata nel 1947, sullo stile delle procedure naziste. Ho imparato, visitando Pretoria e il museo dell'Apartheid, che questo sistema di discriminazione fu instaurato dalla parte tedesca del Paese, e non dagli inglesi come avevo sempre, nella mia ignoranza, creduto.

Devo dire che non ho, e penso come molti di noi europei, un particolare ricordo di attenzione verso quello che succedeva in quel Paese soltanto pochi anni fa. Viverlo sul posto mi ha portato ancora una volta a considerazioni sul genere umano e su quanto siamo ancora ancorati a discriminazioni e pregiudizi gli uni verso gli altri...

Da Wikipedia:

L'apartheid (in italiano, letteralmente "separazione", "partizione") era la politica di segregazione razziale istituita nel 1948[1] dal governo di etnia bianca del Sudafrica, e rimasta in vigore fino al 1991.[2][3][4][5]

Fu applicato dal governo sudafricano anche alla Namibia, fino al 1990 amministrata dal Sudafrica. Per estensione il termine è oggi utilizzato per rimarcare qualunque forma di segregazione civile e politica a danno di minoranze, ad opera del governo di uno stato sovrano, sulla base di pregiudizi etnici e sociali.

L'anniversario della fine è il 27 aprile, giorno festivo in Sudafrica, quando si festeggia la Festa della libertà.

L'apartheid venne ufficialmente introdotto nel 1948, dopo la vittoria alle elezioni del Partito Nazionale[6] I principali ideologi dell'apartheid furono i primi ministri Daniel François Malan (in carica dal 1948 al 1954), Johannes Gerhardus Strijdom (dal 1954 al 1958) e Hendrik Frensch Verwoerd (vero e proprio "architetto dell'apartheid"), in carica dal 1958 fino al suo accoltellamento nel 1966 da parte di Dimitri Tsafendas, un semplice uomo di fatica del parlamento sudafricano. Verwoerd definiva l'apartheid come "una politica di buon vicinato".[7] Nel 1956 la politica di apartheid fu estesa a tutti i cittadini di colore, compresi gli asiatici.

Negli anni '60, 3,5 milioni di neri di etnia bantu furono sfrattati con la forza dalle loro case e deportati nei "bantustan". Furono privati di ogni diritto politico e civile, e potevano frequentare solo l'istituzione di scuole agricole e commerciali speciali. I negozi dovevano servire tutti i clienti bianchi prima dei neri. Dovevano avere speciali passaporti interni per muoversi nelle zone bianche, pena l'arresto.

Ho anche avuto occasione di visitare la parte ovest del Paese, Cape Town, città cosmopolita e bellissima. Dove le contraddizioni sono ancora più evidenti.

Il Paese è enorme, avrò modo di tornarci per scoprirlo ancora meglio e spero di cominciare a comunicare con qualche persona del posto, come ho sempre fatto nella mia vita, a tutti i livelli, con tutte le razze (che poi corrispondono alla sola Razza Umana) a tutte le latitudini.......

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