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56 - LAFATA

16.06.2020

Un giorno che ero in azienda in Stema, Enrico salì da me con il telefono in mano e mi disse:

"Tieni, senti tu, c'è un cliente americano che conosceva il padre della Ilaria, dal quale comprò molti anni fa una macchina Brema, che chiede se conosciamo qualcuno per una consulenza. Sono italo americani, quindi parlano italiano..."

Presi la comunicazione e si presentarono il Sig. Giovanni Lafata e suo cognato Pino. Fu subito un colloquio molto cordiale, mi spiegarono in due parole che avrebbero voluto rimodernare la fabbrica che era stata creata tanti anni prima dal padre di Giovanni, e avrebbero voluto qualcuno che avesse potuto dargli una mano nel portare avanti un progetto che avrebbe presupposto anche l'acquisto di nuovi macchinari.

Era un po' il mio lavoro complementare a quanto stavo svolgendo in Stema: se al 100% ero un uomo Stema come detto, per un altro 10-20% ho portato comunque avanti alcune consulenze in questi ultimi anni, un po' in collaborazione con l'amico Gérard Fournier, un po' in maniera autonoma.

E fu così che chiusi la telefonata con gli americani dicendogli che gli avrei inviato una (solita) proposta per vedere se ci potessero essere gli elementi per un rapporto di collaborazione.

Con il permesso di Enrico e Eugenio, proposi una prima visita della quale avrebbero loro pagato solo le spese vive, avrei passato 4-5 giorni in fabbrica per un survey, per poi fare una proposta definitva di collaborazione più mirata alla ristrutturazione dell'azienda, se quello fosse stato il caso.

Mi recai in Usa nella primavera del 2016 e fu un colpo di fulmine. Giovanni Lafata mi piacque subito per la sua faccia rubiconda e il suo carattere allegro e cordiale. Pino, suo cognato, mi diede anche lui subito una buona impressione, di persona intelligente e disponibile. Chi aveva però in mano il TUTTO, era Peter, il padre di Giovanni e fondatore della azienda.

La fabbrica si trovava (e si trova) nella periferia di Detroit, in quel contesto produttivo che è stato il cuore pulsante dell'industria americana negli anni ruggenti dell'anteguerra e del dopoguerra, con il comparto automobilistico primo al mondo: Genaral Motors e Chrysler, i più grandi produttori mondiali fino all'arrivo dei giapponesi verso la fine degli anni '70. Per poi trovarsi in decadenza dagli anni '80 in poi. In quegli anni lo sfacelo della regione era stato un colpo durissimo per la popolazione dello stato del Michigan e per l'America tutta. Come riportavo nelle note relative alle mie prime trasferte nel Sud degli Usa (Atlanta e Charlotte), se quelle regioni erano in crescita esponenziale, altrettanto esponenzialmente gli Stati del Nord precipitavano in una crisi strutturale devastante.

Avevo avuto modo di passare attraverso la città di Detroit tanti anni prima, scendendo dal Canada, e ero rimasto allucinato dalla desolazione e lo sfacelo di quella città. Nessuno si aspetterebbe di vedere quello che vidi in una città americana della portata di Detroit: strade deserte, case, anche ville, abbandonate e devastate, gente accasciata ai bordi della strada che dava un senso di paura ad ogni passo.

Detroit era stata anche la base della Mafia americana, negli anni dell'anteguerra, Al Capone e compagnia facevano proseliti in Michigan e nel vicino Illinois (Chicago). Di conseguenza ancora oggi il numero di italo americani che vivono in quegli stati è tra i più alti al mondo, insieme a Toronto, che dista 3 ore di macchina, e all'Argentina.

Peter Lafata era stato un migrante e un clandestino: era partito nel 1955 dalla lontana Sicilia, nascondendosi nella stiva di un bastimento con il quale fece la traversata e riuscì a sbarcare a New York al limite delle forze. A New York cercò riparo ed aiuto presso alcuni altri emigrati originari del suo paese....fino ad arrivare a Macomb, nell'hinterland di Detroit appunto, dove, grazie alle sue esperienze acquisite presso uno zio falegname a Palermo prima di imbarcarsi per l'avventura americana, cominciò a proporsi ad altri italiani che si stavano lanciando nel business dell'edilizia per fornire mobili di cucina e bagno per i nuovi appartamenti che stavano nascendo. Ricordiamoci che fino agli anni '70, prima della crisi, quelle zone erano le più ricche e più in crescita degli Usa. Chi aveva voglia di lavorare e spirito imprenditoriale (e, probabilmente, qualche buon contatto.....) aveva possibilità infinite di fare soldi.

Uscii a cena da solo con Peter e parlammo di tutto questo e delle mie precedenti esperienze in Usa, delle mie conoscenze del mercato e della tecnologia....bref....ci piacemmo a vicenda e ci mettemmo d'accordo per una ennesima sfida, io per il fine carriera, lui perché, prima di ritirarsi completamente, voleva lasciare in eredità alla famiglia una fabbrica modello.

Mi propose di trasferirmi là per alcuni anni, per aiutare il figlio Giovanni nella conduzione del business, oltre alla preparazione del nuovo progetto industriale. La proposta era allettante, per me che sempre, a ritmi ricorrenti, volevo vivere l'America. L'ultima esperienza, con la Biesse, non era stata positiva, ma molte cose erano di nuovo cambiate, sia là, con l'amministrazione Obama, che per il sottoscritto.

Passai quella settimana a conoscere la fabbrica e la Famiglia. I Lafata sono siciliani e la famiglia è una caratteristica famiglia siciliana, dove il capostipite è padre/padrone. Peter ha 4 figli, oltre a Giovanni, altre tre donne. Una, moglie di Pino, la primogenita, quindi la prediletta, e Pino, da buon furbacchione ha ben giocato le sue carte. Al di là di essere un po' arrivista, devo però dire che ha messo su una bella famiglia anche lui, con 3 figli molto bravi ed intelligenti.

Tutta la famiglia gira così intorno al Grande Vecchio, che ne gestisce ogni minimo movimento. Tutti, tranne una figlia che ha sposato un bancario, anche lui Italiano di nascita, sono coinvolti nella fabbrica a vari livelli, e tutti vivono con i proventi di quel business.

Giovanni è nato in Usa, ma poi per diversi anni la Famiglia si è trasferita a Roma, dove quindi ha potuto studiare, fino all'università, diventando così perfettamente bilingue e con una base italiana un po' diversa dallo stereotipo italo americano. Persona intelligente, ma succuba delle situazioni che gli girano intorno, in particolare del padre che lo ha sempre trattato come il bambino che deve crescere....ed è cresciuto poi con questo complesso di inferiorità, nei confronti del padre e della sorella maggiore. Mentre ha instaurato un rapporto fraterno con il marito di lei, Pino appunto, che lo coadiuvava nella gestione della azienda.

Da quella settimana rientrai con sentimenti contrastanti: mi sarebbe interessato cambiare ancora e trasferirmi là? Di nuovo quella esperienza?? E mia moglie?

Ne parlai in Stema, dentro di me la decisione era già presa.....

Feci una proposta di compromesso a Peter. Avrei potuto accettare un incarico per due anni, con permanenza in loco per periodi di 3 mesi, alternati a 3 mesi in Italia, cosa che sarebbe stata permessa con un visto normale, senza dover richiedere visto di lavoro e cambiare residenza.

Questo mi avrebbe permesso di continuare anche il rapporto di collaborazione con la Stema, per la quale avrei potuto organizzare il Mercato Americano, dove avevamo appena iniziato la collaborazione con un altro mio vecchio amico, Ed Moran.

Anche per questa esperienza le cose da dire sarebbero infinite e non basterebbero le pagine per raccontarle....e la voglia di chi mi sta seguendo, per leggerle....vado quindi, come ho già fatto su altri capitoli della mia vita, per sommi capi...

...ci mettemmo tutti d'accordo, convinsi mia moglie che questa volta l'esperienza sarebbe stata positiva, andammo in avanscoperta nell'ottobre del 2016 per cercare una buona sistemazione dove risiedere quando fossimo stati là. Questa volta non avrei fatto nessun trasloco: loro, i Lafata, si sarebbero occupati del tutto e mia moglie avrebbe fatto su e giù dall'Italia, lasciando però il suo lavoro.....

Il 27 dicembre prendemmo il volo e ci trasferimmo, per la seconda volta, in America. Approfittammo delle ferie natalizie, mia moglie non avrebbe lasciato subito il lavoro, ma si sarebbe presa un mese di verifica per poi rientrare, mentre io sarei rientrato alla fine dei primi 3 mesi convenuti.

Peter ci aveva comprato una splendida villetta, enorme per due persone, con un bel giardino tutt'intorno, in una bella zona residenziale con tante case e ville adiacenti alla nostra. La casa si trovava a 3 minuti esatti dalla fabbrica.

Quando arrivammo a destinazione, con l'autista che era venuto a prenderci all'aeroporto, Peter e Giovanni erano ad attenderci sull'uscio di casa per consegnarci le chiavi, insieme alle chiavi della macchina, un suv nuovo di zecca, che mi attendeva in garage.

Ben diverso dall'arrivo a Charlotte in quel ormai lontano 2005: mia moglie era strabiliata!!!

La casa solo per noi, l'ambiente soft addolcito dallo spesso manto nevoso, l'accoglienza come gente di famiglia.....tutto era stato perfetto.

Avrei cominciato a lavorare già il 2 gennaio, approfittammo quindi dei pochissimi giorni che mancavano per recarci a passare il fine anno a Niagara, 3-4 giorni spensierati e al contempo tesi per l'inizio di quella ennesima nuova avventura.

Peter aveva già dato l'ok per i primi ordini di nuove macchine e già avevamo definito quale sarebbe stato il nuovo lay out della fabbrica del futuro. Cominciarono ad arrivare le macchine e i tecnici per installarle.

Cominciai ad interfacciarmi con i vari addetti in fabbrica, rifeci l'organigramma ridefinendo i ruoli di tutti i miei interlocutori. Con Giovanni e Pino facevamo la strategia, ma mi assecondavano in tutto quello che dicevo.

A 2 minuti dalla fabbrica c'era un centro sportivo, quello che da noi chiameremmo palestra, al quale mi iscrissi insieme a mia moglie....

Cominciò una vita completamente diversa da quella che era stata per me fino ad allora: casa -ufficio, ufficio-palestra-palestra-casa, con orari ben definiti, colazione alle 7, pranzo alle 12, cena alle 19....per la primissima, ed unica, volta nella mia esistenza da quando avevo lasciato il liceo, una vita normale. Per la prima volta da quando ci eravamo sposati passammo un mese insieme con mia moglie e per la prima volta da quasi 50 anni dormii per due mesi consecutivi nello stesso letto!!!

Passai 3 mesi da favola, con e senza mia moglie, con i tecnici italiani che si alternarono e con i quali abbiamo condiviso dei momenti di convivialità da espatriati. Mirco della Formatal, Mirko della Erregi, Luca della Stema. Siamo diventati amici, abbiamo fatto baldoria insieme un paio di volte che li ho invitati a casa: non potevano capacitarsi di essere in una casa Americana, quelle che solo si vedono nei films d'azione.

Riuscii altresì ad assistere a 4-5 match della NBA: Lebron James e Irving, Leonard degli Spurs, con Ginobili e il nostro Bellinelli. Molti giri nei Mall, in una città, Detroit, e il suo hinterland che stavano rinascendo dopo gli sfaceli di cui ho raccontato.

Finché, allo scadere dei primi 3 mesi e quindi poco prima del mio previsto primo rientro in Italia, Peter si chiese perché non potessi rimanere più a lungo, che forse avremmo potuto chiedere un visto diverso che mi permettesse di vivere là quanto tempo mi piacesse. A me l'idea sarebbe anche piaciuta, cioè quella di staccarmi dall'Italia e eventualmente lavorare direttamente in Usa anche per la Stema in parallelo alla attività che avevo cominciato a svolgere in seno alla ditta Lafata.

Ci consultammo con un sedicente avvocato esperto in visti e rientrai in Italia con la decisione che avremmo, prima del mio rientro in Usa dopo i successivi 3 mesi, chiesto un visto permanenete........non voglio andare nei dettagli della cosa, ma l'espertissimo avvocato (o meglio avvocatessa) americano, che si fece pagare profumatamente, mi fece presentare un richiesta di visto che in nessun modo il Consolato Americano in Italia avrebbe potuto accettare (me ne resi conto in seguito a varie peregrinazioni tra i consolati di Roma e Milano) con il risultato che mi venne fatto divieto di entrata negli Stati Uniti: dopo 40 anni che avevo viaggiato in quel paese in lungo e in largo, non potevo più metterci piede e questo, al di là di compromettere poi definitivamente il rapporto con i Lafata e mandare a monte tutti i sogni che avevo cominciato a farmi sugli ultimi anni della mia vita, lavorativa e non, mi dava un senso di impotenza che ha rischiato di scombussolare il mio equilibrio mentale: la cosa che più mi distrugge è il non poter, io, decidere delle mie azioni!!

Voglio solo aggiungere, per concludere questo nuovo paragrafo americano, che, durante quei 3 mesi di permanenza dai Lafata, mi raggiunse per 3-4 giorni anche Eugenio, con il quale ci recammo a San Francisco con una andata e ritorno in un week end, per incontrarci con Ed Moran (Ed era un ex Quattrotch, poi Biesse America....eravamo ormai amici di lunga data e, essendosi lui messo in proprio con un sua agenzia di importazione di macchine, avevamo istaurato un accordo di collaborazione con la Stema per il mercato americano); insieme andammo a trovare la Lock Dowel che aveva il suo quartier generale nell'hinterland di San José. Nel prossimo capitolo vedremo le conseguenze di quel viaggio e del mancato arrivo del mio visto....

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