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44 - EGITTO

28.06.2020

Se negli anni 80 scoprii Israele, negli anni '00 del nuovo millennio ho avuto un paio di esperienze eccezionali nei Paesi Arabi. Al di là di Dubai, dove sono tornato a distanza di 35 anni, ma in vacanza come tappa della crociera che ha toccato gli Emirati, le due esperienze che hanno lasciato un segno nei miei ricordi sono state in Egitto e Arabia Saudita.

Con la Tekla seguivo il mercato francese come attività principale e avevo alcuni contatti preferenziali con clienti/amici quali per esempio Mr. Daron, diventato, solo dopo anni di rapporti continuativi tra noi di compra vendita e consulenze varie, semplicemente Jean Michel: non siamo passati al TU, ma chiamarci per nome era già un buon un primo passo...... Diventare amico di un francese non è la cosa più facile del mondo, c'è sempre un muro piuttosto spesso da rompere.....

Al di là del tu o del voi, con Jean Michel mi consideravo amico e ci si scambiava idee e commenti sul mercato e su altri miei clienti e suoi confrères. Nel 2007 Jean Michel lasciò il suo incarico di direttore industriale presso il gruppo S2im per essere assunto presso il CTBA, Centro Tecnologico del Legno e del Mobile, a Parigi. Nel suo ruolo gestiva i rapporti per consulenze presso paesi dell'area Nord Africana. Un giorno mi chiese se potesse interessarmi una consulenza in Egitto, che avrebbe potuto essere seguita da un'altra in Marocco e poi chissà. Per me era una chance per arrotondare con un buon compenso e conoscere allo stesso tempo delle realtà che mancavano alle mie esperienze precedenti. Diedi quindi la mia disponibilità e alla fine riuscii ad ottenere gli incarichi.

Quello più intellettualmente interessante fu ad Alessandria, dove mi ritrovai ad interloquire con un Egiziano evoluto, Mr. Sherif, di religione mussulmana, ma di mente aperta per aver studiato in Francia e aver frequentato il mondo. Mr. Sherif era il proprietario di una (per noi) piccola azienda di mobili, piuttosto importante invece nella realtà locale.

Mi trovai subito in sintonia con lui, empaticamente ci capivamo al volo. Si parlava prevalentemente in francese, di cui aveva la padronanza perfetta, e ogni tanto si passava all'inglese con nonchalance....

Analizzai per un paio di giorni la struttura della fabbrica, tutto era molto diverso: intanto si sviluppava su 4 piani!!! Mi concentrai prevalentemente sul piano terra, dove si svolgeva la lavorazione primaria, per la preparazione di pannelli che sarebbero andati alla verniciatura o all'assemblaggio. Oltre alla preparazione dei pannelli (taglio-bordatura-foratura) si fabbricavano anche porte da interno, quindi processo di legno massiccio da tagliare per le cornici e gli stipiti, impiallacciatura da incollare sul frame in legno etc. etc. Dopo un paio di giorni di studio e discussioni su possibili nuovi lay out che avrebbero potuto migliorare l'efficienza del processo, arrivammo a definire una soluzione che piacque moltissimo a Mr Sherif

"Bene....domani cambiamo il lay out come da tua proposta" alle 7 di sera del terzo giorno questa fu la sua uscita......

"Ma come domani, ci sono macchine da spostare, materiale da muovere, non è possibile fare tutto questo così, senza aver programmato, avvisato il personale......" questa fu la mia prima reazione razionale. La risposta di Mr. Sherif fu semplice:

"Non ti preoccupare, tu dici cosa si deve fare e gli operai saranno tutti a tua disposizione!!"

Gli operai......non ricordo quanti fossero, erano tutti poveri disgraziati, sicuramente analfabeti, abituati semplicemente a fare ripetitivamente quanto avevano imparato negli anni. Nei pochi giorni che avevo passato girando per la fabbrica avevo cercato di prendere informazioni interloquendo con loro tramite una interprete, ma la comunicazione si svolgeva più a gesti che a parole.....in ogni caso anche con loro si era creata empatia.

Fu così che la mattina seguente, verso le 7,30, tutti si misero a mia disposizione e cominciammo a spostare di tutto e di più!! La sera alle 20 l'atelier era completamente trasformato, seguendo passo passo il disegno sviluppato al computer il giorno prima: avevamo spostato in un giorno la bellezza di 18 macchine!!! Non macchinari enormi, diciamo facilmente movibili, ma pur sempre 18 macchine da riposizionare, mettere in bolla, fare ripartire. Oltre a modificare, seppur non completamente, il sistema di aspirazione.

.....E domani si riparte in produzione...... Ci si accorse che sarebbe servito un nuovo tubo per una deviazione fatta nel sistema di aspirazione.... Nessun problema, Mr. Sherif, che come tutte le sere mi riaccompagna in hotel con la sua macchina, quella sera fece montare con noi uno dei suoi operai, che si installò sul sedile posteriore accompagnato da un grosso spezzone di tubo da modificare per completare il lavoro fatto in fabbrica. La mattina dopo la fabbrica era regolarmente operativa e nella notte avevano già riposizionato il tubo con l'aggiunta che era già stata lavorata in una qualche officina del centro di Alessandria.

Soddisfatti del lavoro fatto, felici e sorridenti, dopo la prima mattinata con il nuovo sistema produttivo, gli operai, che mi avevano ormai equiparato a loro, mi invitarono a pranzare insieme: come tutti i giorni, posizionavano un porta in produzione su due cavalletti, aprivano delle buste che si portavano da casa e consumavano un pasto frugale fatto di chissà quale combinazione di gusti locali......ringraziai dell'offerta ma declinai l'invito, facendo cenno soltanto a un brindisi con un bicchier d'acqua (niente alcool in Egitto...).

L'esperienza di Alessandria fu oltremodo positiva ed interessante, anche per l'aver conosciuto un'altra persona d'eccezione, quale Miss Scota, l'interprete, con la quale si era ugualmente instaurato un feeling intellettuale, quale di fatto lei era. In Egitto, ed in Alessandria in particolare, è permanentemente in atto una guerra di religione che contrappone i Mussulmani ai Cristiani Copti: io, pur essendo interessato ed affascinato dallo studio delle religioni, non ero molto preparato sull'argomento, me ne resi ancor più conto qualche tempo dopo quando ci furono diversi attentati, con diversi morti, proprio ad Alessandria ....e in quel momento il mio pensiero andò automaticamente alle conversazioni avute con Miss Scota......

La sera prima della mia partenza mi invitò a cena a casa sua, dove, altre al marito, c'era un'altra coppia di intellettuali egiziani, tutti con esperienze all'estero presso delle ambasciate.....e la conversazione fu intensa e istruttiva sulla complessità delle situazioni che si creano a causa di integralismi religiosi.

Piccola parentesi ulteriore: la conoscenza di Miss Scota mi permise una splendida visita alla Grande Biblioteca di Alessandria, considerata la più ricca ed antica al mondo, dove incontrai una ragazza italiana che faceva da guida tra gli innumerevoli libri presenti.

La seconda esperienza egiziana fu un anno dopo, quando passai una decina di giorni a Il Cairo. E fu una esperienza ancor più, diciamo, sconvolgente. Avrei dovuto tenere un corso sull'imballaggio, dei mobili in particolare. In quel momento non si poteva dire fosse il mio forte.......mi preparai quindi meglio che potessi, ed ero anche abbastanza timoroso per la nuova avventura; partii portando con me diverse presentazioni power point e diversi video e fotografie.

Arrivai al Il Cairo e fui accolto da quello che avrebbe passato tutto il tempo con me in qualità di guida, interprete, accompagnatore (non so se anche per sorvegliarmi....). Alì era un altro intellettuale, laureato alla Università de Il Cairo, con masters in Italia e varie collaborazioni internazionali. Parlava perfettamente l'italiano ed era quindi un piacere confrontarsi sui più disparati argomenti, che spaziavano dalle situazioni lavorative che ci si presentavano ogni giorno alle discussioni sulla religione e l'integralismo islamico.

Il Cairo mi ha conquistato, e Alì mi ha aiutato a conoscerlo. Con lui sono stato nella grande moschea e più volte in Piazza Thair dove da lì a poco sarebbero successi tutti gli avvenimenti relativi alla Primavera Araba (ho finito da poco di leggere uno splendido libro che racconta gli avvenimenti di quei giorni, che ho così provato a rivivere personalmente facendo ricorso ai momenti impressi nella mia memoria dei caffè gustati seduti a un tavolino al sole di quella splendida piazza appunto...).

Per tornare invece alla mia missione........ arrivai, se ricordo bene, di venerdì, loro giorno di riposo, quindi il sabato mattina Alì passò a prendermi in hotel per accompagnarmi sul posto di lavoro.

Uscimmo dal caotico traffico cittadino per prendere l'autostrada che collega Il Cairo ad Alessandria. Dopo una ventina di chilometri Alì fece una specie di inversione a U sulla autostrada per fermarsi sul ciglio nella direzione opposta, davanti a un grande portone e una specie di garage. C'erano dei furgoncini (diciamo il nostro Ape Piaggio in versione maggiorata) carichi all'inverosimile di mobili, e altri che si stavano caricando.

Entrammo nel grande portone e scoprimmo che quella sarebbe stata la fabbrica dove avremmo dovuto passare i successivi 8 giorni. Anche qui si trattava di un immobile sviluppato su più piani (5), su ognuno dei quali si svolgeva un processo produttivo. Il Padrone non era ancora arrivato, quindi ci proposero subito una presa in visione della produzione nell'attesa della sua venuta.

Questa fabbrica era molto più grande di quella di Alessandria ed anche molto più importante, ma la confusione e l'ambiente erano catastrofici. Inoltre il periodo era diverso da quello di Alessandria, dove il clima era stato molto clemente: qui il caldo era terribile, reso irresistibile dalla grande umidità che si accumulava in fabbrica. Il nostro obiettivo era l'imballaggio, quindi ci indirizzammo, scalino dopo scalino, con il sudore che già cominciava a scendere copioso verso il......quinto piano, dove appunto i cosiddetti mobili venivano imballati (o meglio, impacchettati) per la spedizione .....che però era al piano terra......

Entrammo nello stanzone e fu come entrare in un girone dell'inferno dantesco!

Vi erano ammassate una ventina di persone in un locale di circa 300 mt2, su una parte del quale erano ammucchiati tutta una serie di mobili, o pseudo tali, imballati alla bell'e meglio, con cartone, film estensibile o quant'altro. In una area di 50-60 mt2 lavoravano, gomito a gomito, tutti gli operai intenti a sollevare elementi di mobili, anche pesanti, per ribaltarli, girarli, attorcigliargli intorno di tutto e di più affinché risultassero protetti per il trasporto. Eravamo, come detto, al quinto e ultimo piano della fabbrica, questo locale era di fatto il sottotetto, la temperatura era ben superiore ai 40° e l'ambiente era senza finestre!!! Sic!!!

Gli operai di quel reparto erano del livello più basso che si potesse immaginare, erano trattati praticamente come schiavi, vestiti come straccioni, con tuniche bianche logore e lerce, madidi di sudore, incuranti della sporcizia e dell'ambiente malsano in cui dovevano lavorare. L'odore, misto di sudore e muffa per l'ambiente chiuso, era insopportabile, forse ancora più del caldo umido che ti annientava le forze.

Nonostante questo, ho poi trovato delle persone disponibilissime a cooperare, sempre sorridenti (la più parte sdentati) anche se sopraffatti dalla fatica.

Con Alì ci siamo guardati negli occhi, ci siamo capiti al volo: cosa avremmo potuto fare per 8 giorni in quell'ambiente? Ma quale corso sull'imballaggio....dovevamo inventarci qualcosa o avrei dovuto prendere e andarmene all'istante. Da persona intelligente e scafata, Alì, che non voleva comunque perdere la sua opportunità di lavoro, mi chiese di mantenere la calma, che avrebbe parlato con il padrone, al quale comunque non sarebbe importato niente del risultato della mia missione, per lui ugualmente era sufficiente ricevere la sovvenzione che gli era stata promessa.

Quando il Padrone si presentò e ci invitò a passare a trovarlo per fare la sua conoscenza, ci ricevette al terzo piano dell'immobile, dove erano situati gli uffici. Entrammo in un ambiente completamente diverso, dove il calore insopportabile che si sentiva fuori, lì, nell'ufficio del capo, non era minimamente percepito, con l'aria condizionata che rendeva la temperatura addirittura fredda.....

Mi inventai qualche frase di circostanza, facendo buon viso a cattivo sangue, e presentai un programma di lavoro per i giorni successivi spiegando che avremmo portato alcune innovazioni nel metodo di imballaggio e fatto risparmiare soldi in materiale e tempo.

La sera con Alì elaborammo un piano che in qualche modo avrebbe coinvolto gli stessi operai con suggerimenti e loro proposte per migliorare il metodo di lavoro (e alleggerire anche le loro fatiche, questa era di fatto il mio obiettivo primario, mi faceva pena la condizione di lavoro che avevo trovato).

Il fatto di coinvolgerli nelle decisioni galvanizzò tutti e tutti si resero disponibili al 100%. Mai si sarebbero aspettati che qualcuno chiedesse il loro parere su come fare questo o quello, perché facessero un movimento piuttosto che un altro che gli avrebbe comportato meno fatica e via dicendo..... A me ed Alì questo metodo permetteva, egoisticamente, di lasciarli là per lunghi momenti, durante i quali ci recavamo negli uffici con aria condizionata a fare finta di elaborare chissà quale strategia, e bere thè o acqua gelata.

L'ultimo giorno il congedo dagli operai fu emozionante, al limite delle lacrime, l'esperienza fu per me sicuramente una delle più intense di tutta la carriera, non mi ha dato niente a livello professionale, ma moltissimo a livello umano e interpersonale.

Con Alì abbiamo poi consolidato una amicizia che ci ha portati a ritrovarci in Italia in un paio di altre occasioni. Con lui ho avuto modo anche di fare una escursione a Ghiza per vedere la famosa piramide e la Sfinge, che erano nei miei sogni di adolescente, e visitare il museo egizio accompagnato dalla sua grande conoscenza di storia e cultura.

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