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9 - USA '82

Tra i miei ricordi più nitidi c'è sempre l'America. Si decise in azienda di andare a contattare un dealer americano per programmare la Fiera di Atlanta: volevamo esporre una linea completa di caricatore e scaricatore insieme a Biesse. Il dealer era la Danckaert, che già da qualche anno aveva un buon successo con la Biesse appunto.

Gianni Cavassa mi aveva organizzato il contatto e fu così che decisi di partire per Atlanta in gennaio, ultimo momento utile per poter fabbricare le macchine, spedirle e farle arrivare in tempo per la fiera che sarebbe stata in agosto.

All'epoca stavano costruendo il nuovo aeroporto di Atlanta, che sarebbe diventato per qualche anno il secondo come dimensione in Usa. Non c'erano voli diretti e a quei tempi la faceva da padrone la TWA con voli da Roma a New York, da dove poi prendere le coincidenze per l'interno.

Da Wikipedia:

Construction began on the present midfield terminal in January 1977 under the administration of Mayor Maynard Jackson. It was the largest construction project in the South, costing $500 million. The complex was designed by Stevens & Wilkinson, Smith Hinchman & Grylls, and Minority Airport Architects & Planners.[27] The new terminal opened on September 21, 1980, on-time and under budget.[28] It was designed to accommodate up to 55 million passengers per year and covered 2.5 million square feet (230,000 m²). In December 1984 a 9,000-foot (2,700 m) fourth parallel runway was completed and another runway was extended to 11,889 feet (3,624 m) the following year.[20]

Erano passati poco meno di 4 anni da quando ero stato in California, volevo tornare negli States, era uno dei miei principali obiettivi e quel viaggio, che aspettavo da tanto, si stava materializzando.

Dovendo fare scalo a New York, avevo previsto di arrivare lì il sabato per poter approfittare della domenica per una visita della città. Ero stato a Ovest, la California, qualcosa di completamente diverso dalla vecchia New York. Non vedevo l'ora di ammirare il mare di grattacieli e di scoprire la vista di Manhattan quando si esce dal New Yersey Tunnel e ci si ritrova improvvisamente sommersi dagli innumerevoli e altissimi buildings.

Avevo prenotato all'Hotel Astoria, che si trovava praticamente di fronte al Madison Square Garden. Solo questo nella mia fantasia era un top. Il Madison, quante volte lo avevo sentito nominare e visto in televisione, per gli incontri di boxe, Cassius Clay, Nino Benvenuti, poi per gli incontri di basket: i Knicks, con il mitico Bill Bradley. New York era al top del basket americano e Bill era stato uno dei Top player negli anni '70, per giocare anche a Milano a fine carriera, prima di intraprendere la carriera politica che lo avrebbe portato ad essere senatore del parlamento americano.

Tutto era perfetto, se non che si era abbattuta su New York una tempesta di neve e quel gennaio del 1982 è stato forse il più freddo del secolo scorso. Quando scesi in strada dopo aver preso possesso della mia stanza, Manhattan era sommersa dalla neve e la temperatura era scesa a - 25 °!!!

La domenica approfittai comunque per fare il mio giro esplorativo della città e, nonostante il freddo, ero estasiato. Anzi, forse proprio grazie al freddo, ho potuto vedere la Big Apple in una veste diversa e molto coinvolgente. Sempre ricorderò il fiume Hudson ghiacciato!!..e l'Empire State Building....e il Rochfeller Center con la sua pista del ghiaccio....e Chinatown sotto la neve.....le Torri Gemelle....Wall Street.....Macy's.....e poi la mia prima partita di NBA, al Medison Square Garden, la libidine più assoluta.....

Quindi il volo ad Atlanta e l'incontro con il dealer.

Danckaert era stato un fabbricante di macchine (squadratrici) belga, che aveva avuto dei problemi (come avrei poi scoperto nel seguito della mia carriera, che tutti nel mondo delle macchine del legno hanno avuto problemi finanziari per cadere, e poi rialzarsi, chi più e chi meno malconcio...). Mr. Roger Criau era stato uno dei managers della Danckaert in Belgio, fino a trasferirsi ad Atlanta, appunto, dove aveva aperto una sua ditta di distribuzione di macchine su tutto il mercato americano. L'azienda la gestiva personalmente e stava facendo entrare nel business come suo braccio destro il figlio Marc.

Era una famiglia di Signori, come si suol dire, molto educati, modesti, cordiali e il feeling tra noi fu subito grande. Io avevo più o meno l'età di Marc e Roger avrebbe potuto quindi essere mio padre....passai con loro due giorni, prima di riprendere il volo per New York e rientrare in Italia....

L'ultima sera mi invitarono a cena. Ricordo la difficoltà enorme a spostarsi per Atlanta: anche là aveva nevicato e per il Sud era una cosa eccezionale, così che il traffico era completamente andato in tilt, con automobili uscite di strada ad ogni angolo....tra un inconveniente e l'altro arrivammo al ristorante. Roger, quale Signore che era, aveva prenotato un ottimo ristorante Belga, di alto livello e frequentato da gente IN. Ci sedemmo a un tavolo rotondo non molto grande, Roger alla mia sinistra e Marc alla mia destra, in un angolo della sala, che era comunque gremita di commensali. Ordinammo una entrata e come piatto principale un Filet Mignon. L'ambiente era caldo con una atmosfera sommessa, luci basse e una leggera musica di sottofondo. A malapena ci si vedeva in faccia e si parlava quasi sottovoce.

Ci servirono il Filetto, bello, spesso, ben cotto come piace a me (a quei tempi ancora mi piaceva mangiare carne....), lo assaggiai, era buonissimo... continuammo a mangiare, chiacchierando allo stesso tempo,....ma non mentre si mastica.....avevo un bel boccone in bocca, inghiottii e......il boccone mi rimase in gola.....feci qualche sforzo per ingerirlo, ma peggiorai la situazione, il morso di carne mi si fermò in gola e non andava né su né giù...feci l'indifferente, nel buio e tra i pochi rumori del locale IN, ma intanto passavano i secondi, forse un minuto, cominciò a mancarmi l'aria, cominciò a prendermi il panico, non riescivo a parlare, soltanto cercavo, disperatamente ormai, di fare andar giù quel maledetto pezzo di carne....poi, difficilmente ci si crede, ma l'ho vissuto sulla mia pelle, ho avuto un flash di tutta la mia vita passata, in qualche frazione di secondo ho rivisto immagini brevissime del mio passato e ho pensato che stessi per morire soffocato.......in un attimo, del quale non mi sono neanche reso conto, ho avuto l'ultimo riflesso di mettere due dita in bocca e vomitare il boccone sul tavolo....se avessi aspettato ancora qualche secondo, forse oggi non sarei qui a scrivere queste righe: se avessi perso i sensi, nessuno avrebbe capito il perché e sarei morto su quella seggiola!!!

Si può immaginare lo stupore dei due Crieau e il mio disappunto quando sputai sul tavolo, in quell'ambiente così fine e sofisticato!! Chiaramente tutti capirono la mia disavventura e si spaventarono anche loro cercando di incoraggiarmi per il seguito della cena.

Da quel giorno per me mangire carne, specialmente se leggermente dura o anche un buon filetto, è diventato un handicap che ogni volta preferisco evitare!!!!.......

.....intanto l'accordo per la Fiera di Atlanta era stato preso: avremmo presentato la linea, come previsto, nel mese di agosto e avrei quindi dovuto passare là un settimana intera, che avrebbe anche coinciso con le ferie estive. Oggi un po' meno che allora, ma ancora adesso il mese di agosto lo si considera praticamente non lavorativo: all'epoca si chiudeva per 4 settimane!!

Durante tutto l'anno avevo tenuto un rapporto epistolare con Roberta, che nel frattempo aveva compiuto e suoi 20 anni. Nel mese di luglio avrebbe dato i suoi primi esami e avrebbe poi preso le sue vacanze, anche lei nel mese di agosto. La buttai là con nonchalance:

"Vuoi venire con me in America? Faccio combaciare le ferie con la fiera di Atlanta, possiamo partire insieme a inizio agosto, visitare New York, per poi spostarci in California, andare al Grand Canyon, poi puoi venire con me ad Atlanta, prima di rientrare in Italia" - bel programma, già bello e pronto....Lei non avrebbe dovuto fare altro che chiedere permesso e soldi al padre e mi rispose:

"Ok, vengo con te"

Non ci potevo quasi credere, 4 settimane in Usa con una splendida ragazza ventenne!!!

L'esperienza fu favolosa, rispettammo il programma giorno dopo giorno e visitammo di tutto e di più. Il primo scalo, come previsto, fu New York e già lì successe una cosa fuori della logica: anche il mio amico George era a New York con la sua ragazza!!!

Passammo una splendida giornata insieme, con una gita in battello sull'Hudson per andare a visitare la Statua della Libertà. Qualche mese prima il fiume ghiacciato, ora una splendida giornata di sole, in compagnia di George e di una bella ragazza: dove era finito il ricordo di Luzia e dei pianti disperati di 3 anni prima a Francoforte??

Da New York ci trasferimmo in California, San Francisco, Palo Alto, Half Moon Bay, Stanford, la Urania e la sua casa che mi ospitava per la seconda volta, tutti i posti di quello splendido momento della mia vita passata che era stata la prima scoperta dell'America.

Poi giù verso Los Angeles, Disneyland, gli Universal Studios.....e poi in macchina attraverso il deserto di California: lasciai guidare per la prima volta Roberta e mi distesi sul sedile a fianco, chiudendo gli occhi. La strada era dritta fino all'infinito, non c'era il benché minimo traffico, si viaggiava con il solo sottofondo musicale della autoradio, a una velocità di 75 miles che voleva dire non sentire neanche il motore. Ma anche nel deserto la velocità consentita era di 55 miles e....mentre me ne stavo steso, assorto nei miei pensieri, Roberta mi si rivolse:

"C'è una moto con lampeggiante dietro di noi, cosa devo fare?"

Mi girai e vedi un poliziotto in moto che ci faceva gesti per fermarci. Evidentemente ci fermammo e....riuscimmo a prendere una contravvenzione per eccesso di velocità anche nel deserto della California, in un giorno completamente privo di traffico!!!

Memorabile anche la notte passata a Yuma, in pieno deserto. Yuma ricorreva nei racconti dei fumetti di Tex Willer, che da ragazzo mi affascinavano. Il deserto e il suo caldo secco che riscalda le ossa. Yuma, con il suo penitenziario e niente più. Deserto era anche il paese e con pochissime persone l'albergo, che però aveva una piccola piscina, dove passammo parte della serata, bevendo un bicchiere di vino e guardando il cielo stellato nel caldo secco e piacevole della notte!!!

....poi ancora il Grand Canyon....e via in macchina per tornare a prendere l'aereo a Los Angeles, attraverso la Deadh Walley, la valle della morte, con una temperatura esterna di quasi 50°....poi le Sequoia....poi ancora il mare....e il volo ad Atlanta.....la Fiera.

Alloggiavamo in un Holiday Inn non lontano dalla fiera, così come molti degli italiani che vi partecipavano. Normalmente ci si ritrovava tutti uomini a questi eventi....ero il solo accompagnato da una ragazza, per di più giovanissima, e si può capire il mio orgoglio di maschio e l'invidia degli altri....me la godevo!!! E anche di questi giorni ho un ricordo divertente come pochi tra i tanti che mi sono capitati.

Eravamo alloggiati, dicevo, in un tipico Motel americano, quelli che si vedevano nei films, con tante stanze adiacenti distribuite su due piani. La prima notte, dopo una giornata in fiera a preparare tutto per il giorno dopo che sarebbe stato il primo giorno di esposizione, rientrammo abbastanza tardi in camera e piuttosto stanchi. Il caldo era tanto e, nonostante l'aria condizionata, ci coricammo piuttosto svestiti. Parlammo un poco, con la luce accesa, ma decidemmo di dormire subito per essere ben riposati il giorno dopo. Roberta si girò sul fianco, e io dissi:

"Spengo la luce e dormiamo, stasera..."

Cercai l'interruttore per spegnere, ma non lo trovai accanto al letto. La luce accesa era di una lampada a soffitto che scendeva su un tavolino rotondo accanto al letto e alla porta di entrata. Non trovando l'interruttore accanto al letto, mi alzai e andai alla porta, niente, andai quindi direttamente alla lampada, niente. Intanto Roberta cominciava ad osservarmi e a ridere:

"Come facciamo, non si può dormire con la luce accesa" - mi fece lei

"Chiamo la reception e chiedo loro come fare, mi vergogno un po', ma non trovo nessun interruttore..."

Chiamai, mi rispose il portiere di notte:

"Vada alla lampada, l'interruttore è lì" - "sicuro?" faci io, "non l'ho visto, ma ci riprovo" riagganciai, tornai alla lampada, ma niente.

Ripresi il telefono e richiamai la reception:

"Maybe I'm crazy, but I'm not able to switch off the light"

(forse sono scemo, ma non riesco a spegnere la luce...)

"Ok, I send you someone" (ti mando qualcuno)

Mi misi, nudo e in mutande, cosi come Roberta, sotto le coperte aspettando che arrivasse l'uomo della salvezza. Bussarono alla porta, andai ad aprire così come ero e mi trovai davanti un armadio, in divisa da metronotte, con tanto di manganello, pistola e cappello......

Corsi nel letto per coprirmi, Roberta si coprì ugualmente il più possibile, il nostro uomo fece una espressione super imbarazzata e a noi venne da ridere a crepapelle. E ancor più ci venne da ridere quando il bestione cominciò a cercare e anche lui non riuscì trovare l'interruttore. A un certo punto gli venne l'idea di salire sul tavolino per analizzare la lampada più da vicino....niente....inginocchiato sul tavolino, con tutto il suo peso che rischiava di rovesciarlo....si girò verso di noi con un sorrisino imbarazzato sulle labbra:

"Voglio vedere cosa fai adesso, non ero proprio matto...." gli dissi.

Lui non si scoraggiò, prese la lampada, cercò di svitare e smontare la parte che copriva la lampadina, ci riuscì dopo qualche minuto, afferrò la lampadina, la svitò e finalmente la luce si spegne!!!....era una di quelle lampade che si accendono e spengono tirando una cordicella, è abbastanza tipico in Usa.... Solo che la cordicella non c'era, qualcuno l'aveva rotta ed era impossibile riuscire a spegnere.....

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