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4 - IL CAPANNONE NEL DESERTO

......anche durante questa visita al cantiere successe una cosa di cui provo a rappresentare la scena. Eravamo io e Mr. Sami, con la sua grande macchina (non ricordo il modello, ma ne ricordo la dimensione). Dopo aver fatto il giro del capannone, in una immagine surreale di questa lamiera che cresceva nel deserto, ripercorremmo il cammino all'inverso per tornare alla macchina. Essendo in un cantiere, erano sparsi qua e là alcuni materiali, delle tavole di legno, attrezzi vari....così camminando e parlando allo stesso tempo con Sami, non mi accorsi di una tavola che aveva un chiodo sporgente e.....misi il piede proprio sul chiodo che, indossando io delle scarpe con fondo in gomma, ci mise poco a infilarsi nella scarpa e forarmi il piede. Feci un piccolo grido di dolore che fece girare Sami che, preoccupato, mi chiese cosa fosse successo:

"Niente di grave gli risposi, un chiodo mi ha forato leggermente il piede, posso resistere, no problem"

"No, no," - mi disse lui - "è molto pericoloso, si può prendere una infezione, vieni subito qua",

Mi fece stendere sul grande cofano della sua macchina, mi tolse scarpa e calzino e lì, nel deserto, soli io e lui, cominciò succhiarmi il piede nel punto in cui si era fatto un piccolo foro e stava uscendo un pochino di sangue. Succhiò e sputò per due-tre volte e mi disse:

"Così non corri il rischio di infezioni strane".....non potei fare altro che ringraziare e fissare nella mia mente la fotografia di un piccolo arabo che, nel mezzo del deserto, mi succhia un piede mentre sono steso sul cofano di una grossa automobile!!!

Difficile immaginare oggi quello che poteva essere Dubai 40 anni fa, una città ancora non definita, con case e alberghi sparsi in un territorio desertico. Tutto era in frenetica evoluzione, ma non c'era un porto come oggi, non c'era la strada del business contornata dai più alti grattacieli del mondo come si può vedere adesso, c'erano però migliaia di emigrati indiani e pachistani che lavoravano come schiavi per fare nascere la città che oggi è tra le mete turistiche più ambite nel mondo. Sempre ricorderò, oltre ai poveri lavoratori emigrati, i bambini che a piedi nudi tiravano calci a un pallone ai lati delle strade sterrate che si incrociavano praticamente nel deserto.

Quella sera Mr. Sami venne a prendermi in hotel per portarmi a cena in un ristorante per stranieri, dove si poteva ordinare alcool, e ordinò una bottiglia di Champagne, solo per me perché lui, in quanto arabo, poteva accompagnarmi ma non poteva bere.....

Il giorno dopo sarebbe stato il Grande Giorno: la delegazione italiana sarebbe atterrata a Abu Dhabi, in arrivo con volo Charter dal Cairo se ben ricordo. L'arrivo era previsto per le 12 ora locale. Pertanto partimmo in macchina da Dubai un paio di ore prima per essere là puntuali a riceverli. Ricordo quel rettilineo infinito nel deserto, con carcasse di cammelli ai lati della strada, che collegava Dubai ad Abu Dhabi....

Arrivati all'aeroporto apprendemmo che il volo era stato costretto ad una scalo tecnico per una avaria e aveva accumulato 3 ore di ritardo....aspettammo pazienti finché finalmente verso le 16 comunicarono l'arrivo del volo, sul quale erano soltanto i membri della delegazione pesarese, che sarebbero scesi di lì a poco. Ad attenderli c'era un funzionario della Ambasciata Italiana che avrebbe dovuto riceverli e accompagnarli all'hotel dove erano stati prenotati, l'Hotel Sheraton di Abu Dabhi!!!

Io e Mr. Naid, Capo della polizia di Dubai, aspettavamo pazienti. L'aereo era atterrato, i passeggeri scesi, ma nessuno si presentava fuori dai controlli. Passato un po' di tempo, vedendo che c'era un po' di agitazione e che erano arrivati un paio di persone italiane che cominciavano a discutere con i responsabili di frontiera, cercai di informarmi su cosa stesse succedendo......e scoprii che.....c'erano problemi di visto per alcune delle persone della delegazione e il gruppo era stato trattenuto in attesa di chiarimenti da parte della Ambasciata: non sapevo se mettermi a ridere a crepapelle o cos'altro...io ero partito su due piedi e, arrivato senza visto, non avevo neanche passato i controlli; il gruppo super organizzato, in visita ufficiale, con personalità politiche e amministrative, era bloccato dalla polizia di frontiera.

A quella cena a cui avevo partecipato a Roma con i giovani in partenza per le varie ambasciate, mi ricordavo che Mario mi aveva parlato di un suo caro amico che era appena partito per l'Ambasciata di Abu Dhabi, certo Dr. Zannier, anch'egli un giovane sulla trentina.....feci due più due e chiesi a una delle persone che si stava dando da fare per sbloccare la situazione che stava diventando, ancora non so perché, più complicata del previsto

"C'è per caso il Dr. Zannier?"....

"Sono io" mi risponde un il giovane che era di spalle di fronte a me "perché?"...

"Sono un amico di Mario, ci siamo lasciati il mese scorso a Roma, prima che partisse per il Giappone"....subito passammo al tu e mi riconobee come suo amico, mi spiegò dei problemi che stava cercando di risolvere per due persone che erano senza visto e senza invito....io gli presentai la persona che mi stava accompagnando, Il Capo della Polizia di Dubai, forse avrebbe potuto fare qualcosa.

I due si parlarono, entrarono insieme negli uffici doganali e....dopo pochi minuti tutti i problemi furono risolti e il gruppo escì dall'aeroporto.

A quel punto, non appena videro un italiano che in qualche modo in pochi attimi gli aveva risolto un problema, amico del funzionario di ambasciata e del Capo della Polizia, tutti si chiesero chi potesse essere questo giovane pesarese....cosa ci facesse là, come fosse possibile che avesse tutti quei contatti altolocati....io ero chiaramente al settimo cielo e al centro ormai di tutte le attenzioni.

....e ancor di più la mia reputazione guadagnò punti quando, fuori dal protocollo che era stato previsto, il mio interlocutore Mr. Naid invitò tutto il gruppo per cena in una sala che aveva riservato allo Sheraton. In totale, a mio ricordo, erano 7 persone, quelle della delegazione pesarese.....ci ritrovammo tutti (compreso il Dr. Zannier ormai diventato mio intimo amico....) in una sala enorme solo per noi, con un arredamento sfarzosissimo, tutto riconducibile all'oro: piatti d'oro, posate d'oro, arazzi richiamanti il colore dell'oro.....i personaggi altolocati della dirigenza della mia città erano frastornati da quella situazione che non si aspettavano e mi vedevano ormai come il Re Mida che avrebbe potuto organizzare chissà quale super business.......mentre io, nel mio intimo, cominciavo a sentire che tutto quello non era altro che una farsa....però il gioco era entusiasmante e bisognava in qualche modo terminare la partita!!!

Per il giorno dopo fu organizzata una visita al famoso capannone nel deserto per mostrare al gruppo di cosa si stesse parlando. Tre delle sette persone furono incaricate a presenziare la visita: la cosa che ricorderò per sempre è che una delle tre era cieca!!! Questa la politica italiana: si porta a un sopralluogo per "vedere" un possibile sito industriale, una persona CIECA (che peraltro era la più intellettualmente preparata).

Inutile continuare nei particolari di questa storia, piena di aneddoti come questo ultimo, se non per dire che il tutto si risolse in una bolla di sapone, come dentro di me avevo già intuito fin dall'inizio dell'avventura....ma per me era l'arrivo in un mondo "di grandi" nel quale stavo per entrare, o meglio, in qualche modo ci ero entrato subito dal portone principale, con "fuochi d'artificio ed effetti speciali".

L'ultimo step di questa avventura, prima che si spegnesse definitivamente, fu il coinvolgimento, al ritorno dagli emirati, della Ditta Battistelli che mi contattò per cercare di by passare tutti gli altri e fare il Business da solo. Mi programmò un incontro con un suo uomo (un tedesco di cui non ricordo né il nome, né le fattezze), con il quale mi incontrai all'Hotel Hilton di Milano, per poi andare in trasferta alla Fiera del Mobile di Colonia dove avremmo dovuto incontrarci di nuovo.....ma non ricordo assolutamente più il motivo di quegli ultimi spostamenti.

Quello che ricordo bene invece è quanto mi capitò prima del rientro in Italia da Dubai. Come già detto, Mr. Sami avrebbe dovuto rimborsarmi tutte le spese, in particolare il costo del biglietto aereo. L'unico mio guadagno in tutto questo tran tran sarebbe stato il 50% del costo di quel biglietto, in quanto, avendolo io pagato la metà del suo valore reale non essendo ancora ventiseienne, a Sami avevo chiesto il rimborso del prezzo intero: "non può sapere che ho avuto uno sconto del 50%, sono arabi, non hanno problemi di soldi...." Avevo ben pensato......quel che successe invece fu che Mr. Sami mi chiese di dare a lui il biglietto e di volermi accompagnare lui in aeroporto per il check in e le pratiche di uscita. Se all'entrata non avevo avuto nessun problema, adesso cominciai a tremare......se Sami si fosse accorto che avevo cercato di ingannarlo, cosa sarebbe successo?? Più ci avvicinavamo allo sportello della compagnia, più le mie gambe si facevano molli. Arrivati di fronte alla signorina incaricata del controllo dei biglietti e dei documenti, la prima cosa che Sami le chiese fu:

"Quanto è stato pagato per questo biglietto??".

Dopo un veloce controllo la risposta fu:

"1.200.000 lire"

gli comunicò il valore corrispondente in dollari, ma la cifra era esattamente quella che io avevo comunicato....a quel punto Mr. Sami non "poteva" andare più a fondo sulla cosa, chiuse l'argomento rimborso lasciandomi un assegno di 1.200.000 lire appunto: avevo passato anche quello scoglio e quell'assegno mi avrebbe permesso di rimborsare subito il mio amico lasciandomi anche qualche spicciolo che mi avrebbe permesso di sopravvivere un altro paio di mesi.....(quel subito si rivelò poi un altro grande stress; a quel tempo non era consuetudine pagare degli assegni esteri....dovetti passare per le forche caudine prima di poter avere l'accredito e i soldi in tasca, ma alla fine tutto andò bene!!!)

Al ritorno dalla Fiera di Colonia eravamo già ai primi di febbraio dell'80, si stava già avanzando nel decennio dell'Edonismo Reganiano, come qualcuno successivamente avrebbe definito quegli anni di grande spensieratezza, fiducia nel futuro, crescita del tenore di vita, in particolare di noi italiani.

Io mi ritrovavo orfano di una avventura entusiasmante, ma che ormai dovevo considerare finita, mentre dovevo assolutamente trovarmi una occupazione stabile per almeno l'immediato futuro: potevo giostrarmi con i pochi soldi avanzatomi dalla trasferta di Dubai, ma dovevo fare in fretta e cercare anche di aiutare in famiglia dove le cose non andavano assolutamente bene.

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