30 - SCM
Fu così che per i 3 anni successivi si trascinò, tra avvocati di parte, tribunale, banche e un incrocio di fallimenti a catena, quello che può essere considerato un Case Study (caso di scuola) per la sua complessità giuridica e finanziaria.
Resta da dire che, nel mentre, anche l'Ingegnere voltò le spalle alla Biesse trovando un accordo con la SCM, che gli permise di rimborsare quanto aveva ricevuto e lo integrò nella sua organizzazione comprando altresì i progetti della GP Consulting, che stava sviluppando una nuova gamma di movimentazione basata su l'utilizzo degli estrusi in alluminio: un insieme di elementi componibili che L'Ingegnere aveva brevettato e fatto realizzare.
In quel 1992 successe poi che, oltre alla IDM, la Scm rilevò anche la Stefani (che era in quel momento il più acerrimo concorrente della IDM stessa). E si stavano creando i Gruppi che oggi si dividono il mercato......
....infatti, la Biesse, che già aveva perduto la IDM e la Eurogroup, stava cercando altre acquisizioni. La mia RBO cominciava ad andare in crisi finanziaria, così come la Comil qualche problemino cominciava ad averlo. La Biesse si fece avanti per rilevarle entrambe, così come fece la SCM ormai divenuta ingorda e pronta a prendersi tutto.....
......il Sig. Giancarlo Selci, da buon giocatore e visionario, non volle farsi soffiare anche quel potenziale affare e mise sul piatto il doppio del valore intrinseco delle due aziende. A quel punto la Dirigenza SCM fece un passo indietro decidendo che strategicamente non gli sarebbe convenuto mettersi in quella trattativa al rialzo, e rinunciò. Ricordo anche che alla vigilia della decisione finale, il Dott. Paci mi chiamò e, senza aver bisogno di interpellarmi, mi disse:
"Ci dispiace, avremmo voluto acquisire anche la tua RBO, ma il prezzo è diventato assurdo e ci tiriamo fuori, volevo dirtelo in anteprima".
Per la Biesse invece quella fu la mossa vincente nella direzione della creazione del suo Gruppo, che oggi ha superato i cugini riminesi in termini di fatturato e quote di mercato!!! (il prezzo pagato non aveva importanza in quel momento, era strategico).
Oltre alla acquisizione di Comil ed RBO, il Sig. Selci aveva dato forma alla Selco, diventata oggi leader nel campo della sezionatura di pannelli, ingaggiando i due personaggi principali di quello che era stato considerato, fino a quel giorno, il miglior fabbricante di sezionatrici del mondo, insieme alle sue concorrenti tedesche, la GIBEN.
Walter Naldi era la persona più brillante in quell'azienda ed era considerato da tutti il Genio della Sezionatura, coadiuvato dal suo collega, tecnico-commerciale, Ezio Baldazzi, persona brillante e conosciuta a livello mondiale.
Quel binomio, coadiuvato dal Rag. Gianfranco Parlani, che si assunse la responsabilità gestionale e amministrativa, portò immediatamente a risultati di vendita e di crescita incredibili.
Alla Biesse, per lanciarsi sul business della Engineering, con le ultime acquisizioni e la creazione della SELCO, mancava quindi la bordatura (mentre in Scm ce n'era di troppo.....vedi dover gestire Stefani e IDM, che si erano fatte fino ad allora la guerra trattativa su trattativa, cliente per cliente, in tutto il mondo).
Fu così che, di lì a poco, la Biesse firmò un accordo con la IMA per la fabbricazione di bordatrici monolaterali di fascia bassa (marchio FUTURA) e cominciò pian piano a farsi le ossa su questa tecnologia. Per poi cominciare a riprendersi alcuni tecnici della vecchia IDM e con loro cominciare a definire un suo proprio prodotto, fino alla nascita della Biesse EDGE.
Sull'altra sponda, la mancata acquisizione della RBO e della Comil, fu compensata dalla rigenerazione della Mahros, che già faceva parte del Gruppo, e da una nuova gamma di prodotto, che avrebbe dovuto sviluppare L'Ingegnere, che prevedeva macchine di foratura/inserimento flessibili e strettoi automatici. Per questo tipo di tecnologia era stato assunto un manager esterno, l'Ing. Zaltieri, che avrebbe dovuto trattare il business insieme all'Ingegnere appunto.
Mentre a me fu chiesto se avessi voluto prendere in mano anche la Movimentazione Mahros, che fino a quel momento era stata l'anello debole per le linee, e a cui mancava una gamma sostanziale di prodotto: vista la mia esperienza di tanti anni in RBO, avrei potuto rivedere tutta la gamma e cominciare a impostare tutto quanto necessario per l'asservimento alle macchine da processo. Così come, per distinguere la Engineering da tradizionale a High Tech, fu creata la Autec Sistemi, per la quale fui chiamato alla gestione.
Essendo la movimentazione di asservimento e l'High Tech la nuova sfida della SCM, che fino a quel momento era stata vista come una potenza, ma per tecnologia di basso livello, prevalentemente venduta in paesi in via di sviluppo o per processi più manuali che integrati, ed essendo anche la mia sfida, mi ritrovai a dover interloquire con i massimi dirigenti del Gruppo.
Diversamente dalle aziende pesaresi con le quali mi ero interfacciato fino a quel momento, la Scm era già ben strutturata come Gruppo, con un management e degli organigrammi ben definiti. Oltre al Dott. Alfredo Aureli (che ringrazierò sempre per la stima e la disponibilità che ha sempre dimostrato nei miei confronti), c'erano 5-6 direttori generali dei vari stabilimenti sparsi per l'Italia, un Direttore Marketing, Paride Sacchi, e un Direttore Tecnico, Fabio Maioli. Mentre il Dott. Paci, con il quale avevo gestito il mio arrivo al Gruppo e che era stato messo a capo della Idm, fin da subito dimostrava il suo intento di fare rapidamente carriera e diventare il Direttore Generale del nuovo insieme di aziende High Tech, sostanzialmente essere il braccio destro del Dott. Alfredo.
Non posso e non voglio in questa sede scendere nei dettagli del day by day di quanto avveniva in termini di accesissime discussioni tra i vari personaggi quando si discuteva di strategie di marketing o gamma prodotto o di nuovi investimenti. Le persone erano sicuramente di esperienza e cultura manageriale superiore a quanto avevo conosciuto fino a quel momento, ma proprio per questo ognuno voleva avere il predominio nella discussione per poi salire nella considerazione della proprietà e di conseguenza nella sfera gerarchica del controllo del business.
Lasciata da una parte la Eurogroup, che comunque portava via gran parte del mio tempo e soprattutto della mia concentrazione per la complessità della matassa che si doveva sbrogliare, fui immerso al 100% in quella nuova avventura, nuova per me perché in un contesto diverso e molto più responsabilizzato, ma ancor più nuova per i miei colleghi che quel business non conoscevano.
Pur non facendo parte del ristretto Top Management, vi ero equiparato e quindi sempre consultato per ogni nuovo progetto che coinvolgesse appunto l'ingegneria, l'Ingegner Pritelli (di cui ero stato nominato il badante) e via dicendo.
Nel mentre la Biesse andava speditamente per la sua strada e, come abbiamo già capito, si stava strutturando come Gruppo, cambiando il suo approccio commerciale e cominciando ad elaborare una rete di filiali piuttosto che una rete di distributori. La filiale americana, gestita dall'amico Gianni, era quella che tirava il gruppo (in termini ciclistici in questa accezione). Dal Tech Tour di cui abbiamo raccontato scaturirono una infinità di progetti e conseguenti vendite.
In parallelo la SCM aveva la sua filiale ad Atlanta, già ben consolidata sul mercato e già da prima antagonista alla Stiles Machinery: non poteva permettersi di vedersi superare dalla ultima arrivata, la Biesse America.
In quegli anni '90 il mercato del mobile americano stava trasformandosi. Come tutti sappiamo c'è stato l'avvento del fenomeno Cina che è intervenuto in tutti i settori merceologici. E c'è stato, nel settore specifico, il fenomeno IKEA, che ha trasformato il modo di intendere la casa e l'arredamento.
Se il North Carolina era la Patria del mobile mondiale (il Gruppo Masco era enorme e la faceva da padrone), il mobile made in Usa era prevalentemente in legno e tradizionale, se vogliamo usare questa espressione. Il mobile in pannello era di bassa qualità, fabbricato e venduto in Kit nei supermercati (Home Depot e via dicendo). Un po' alla volta il tradizionale veniva rimpiazzato da un made in China, cominciavano a svilupparsi le catene come Pier Import. Quindi era più conveniente comprare in Cina e distribuire in Usa. E così le grandi aziende della Carolina del Nord cominciarono a chiudere (i 35.000 addetti cominciarono a ridursi fino ad arrivare a non più di 10.000), altre si trasformarono in depositi di mobili cinesi pronti per la grande distribuzione.
In parallelo lo stile Ikea stava per entrare anche in Usa (se ben ricordo il primo magazzino Ikea fu aperto nel '97 ad Atlanta).
E così il mobile in pannello, come lo definiremmo noi, cominciava a prendere sempre più prepotentemente piede anche in quel Paese. Questo voleva dire, per i fabbricanti di macchine quali appunto il Gruppo Biesse e il Gruppo SCM, un mercato enorme che si stava aprendo per la tecnologia di taglio-bordatura-foratura-imballaggio. E in questo contesto, le teorie del Just in Time tendevano a essere applicate.
Noi, in Eurogroup, eravamo stati i precursori in qualche modo di questi sistemi di produzione, con le idee dell'Ing. Pritelli e le realizzazioni quali la famosa linea esposta alla fiera di Milano e poi installata in Usa.
Alla luce di tutto questo, e ritornando alla mia avventura in SCM, per controbattere l'ascesa della personalità di Gianni Cavassa sul mercato americano, e della Biesse sostanzialmente legata alla sua immagine, a Rimini mi si chiese di coinvolgermi in prima persona su quel mercato, presentandomi come colui che, prima ancora di Cavassa, aveva affrontato quel tipo di problematiche e che aveva aiutato Cavassa appunto a introdurre i nuovi concetti.
Fu così che organizzammo un lungo viaggio, insieme all'Ing. Maioli, per presentarci ai maggiori costruttori americani, molti dei quali erano gli stessi che avevo gestito durante il primo Tech Tour del '92. Attraversammo gli States da nord a sud, fino ad Atlanta dove era, ed è, la filiale SCM.
Un secondo mini tech tour lo organizzai di nuovo nel '94 per SCM, rifacendo un po' lo stesso itinerario di quello precedente, volendo mostrare gli impianti flessibili che utilizzavano macchine IDM: ed ecco allora di nuovo Annecy, Mobalpa, Fantoni....
Avevo con me 10 persone, ma questa volta tutte legate alla stessa azienda, la Quality Doors di Dallas/Texas. C'era il capo/titolare e unico azionista, Mr. Bob Ladd e 4 dei suoi uomini, tutti accompagnati dalle rispettive consorti. Passammo insieme una intera settimana, che ci permise di entrare un po' in confidenza ed io mi ritrovai ad avere un feeling particolare con Bob, il padrone, che mi prese in ottima considerazione.
Lo scopo della visita era quello di verificare dei possibili fornitori per la realizzazione di una nuova fabbrica di cucine che Bob voleva aprire in Kentucky. Aveva coinvolto nello studio la Schuler per la parte ingegneria, e di conseguenza Homag come possibile fornitore. Avendo lui un buon rapporto personale con il tecnico commerciale della Scm Usa, Celso Santucci, gli diede fiducia per farsi presentare una possibile alternativa, e per questo motivo accettò di venire in Italia, nostro ospite.
Dopo una settimana passata insieme, Bob era veramente impressionato dalle caratteristiche tecniche potenziali delle macchine italiane!!!....e ci diede la chance di partecipare alla trattativa. I suoi tempi però erano stretti, aveva già dato l'ok al capannone e nel giro di un mese massimo voleva prendere la decisione finale per il progetto e il relativo acquisto di macchine.
Ci fece pervenire immediatamente i dati sui quali elaborare il progetto, dati che arrivarono sulla mia scrivania, ma che avrei dovuto analizzare coinvolgendo diverse persone, a partire da Pritelli e dall'Ing. Maioli. Ma i giorni passavano e non ci si decideva a preparare una studio con relativa offerta commerciale. Fu così che, circa un mese dopo che gli americani erano rientrati, ricevetti una telefonata da Bob personalmente:
"Rudy, what do you think to do? Non ho ricevuto niente da voi e non posso aspettare oltre, in pochi giorni devo decidere l'acquisto, ho in mano il progetto Homag e sto per passargli l'ordine, volevo avvisarti prima di farlo".
"Please Bob, wait a moment, dammi ancora una chance. Convoco subito una riunione con il Dott. Aureli e ti faccio sapere se e come pensiamo di procedere"
E così fu: convocai la riunione, il Dott. Aureli si meravigliò del fatto che ancora non avessimo reagito ed è perciò che proposi:
"Per recuperare il tempo perduto, dovremmo, a mio avviso, partire subito per Dallas, Maioli, Pritelli ed io, per elaborare un progetto sul posto e poi nel giro di pochi giorni inviare a Bob la nostra proposta commerciale"
La proposta fu accettata, chiamai Bob chiedendogli di avere ancora un po' di pazienza e che nel giro di un paio di giorni saremmo arrivati direttamente alla sua fabbrica. Partimmo in tre, non ricordo bene la sequenza dei giorni, ma ricordo che, dopo aver analizzato direttamente in fabbrica i dati che ci erano stati forniti, passammo un week end in albergo a disegnare schizzi su carta e ipotesi di flusso, realizzando un progetto di alta produzione, ma gestito in maniera quanto più flessibile possibile, cercando di avere un flusso quanto più fluido e veloce, per ridurre al massimo lo stock di semilavorati. Si lavorava sul concetto della barra, poi taglio trasversale, utilizzo di bordatrici monolaterali: concetti assolutamente nuovi per loro.
Ripartimmo per l'Italia con un ok di massima della direzione della ditta a proseguire su quel progetto e mi impegnai, personalmente con Bob, affinché di lì a 3 settimane avremmo spedito l'offerta commerciale definitiva e saremmo tornati, se il prezzo fosse stato congruo, per negoziare. Bob accettò la proposta.
Fu così che inviammo il tutto, Bob mi confermò che la cosa gli piaceva e che si sarebbe potuto trattare. Fissai un nuovo appuntamento alla sua fabbrica, al quale avrebbero partecipato l'Ing. Maioli, che si sarebbe assunto la responsabilità tecnica, Celso Santucci quale interfaccia in America ed io quale capo progetto, diciamo così. Poi, siccome il Dott. Alfredo Aureli negli stessi giorni sarebbe stato in Usa e assolutamente voleva portare a casa questo ordine, ci avrebbe anch'egli raggiunti per una possibile trattativa finale.
In quel periodo avevamo anche venduto un impianto flessibile in Nuova Zelanda, ai miei vecchi amici dei tempi della RBO (i Funnell, con i quali avevo visitato la baia di Aukland in barca a vela tanti anni prima). L'impianto stava cominciando a produrre e, come sempre, c'erano dei problemi da risolvere. Fu così che con Maioli ci lanciammo nel giro del mondo: decidemmo di partire per la Nuova Zelanda per poi da là andare direttamente a Dallas per cercare di chiudere l'altra trattativa (oltre a questi due business, avevamo in quel momento un'altra installazione di fabbrica completa in Spagna, così che, quei 2-3 giorni che passammo a Auckland furono di lavoro continuato 24h su 24h, quando finiva di lavorare un paese cominciava l'altro...Usa, Spagna, New Zealand....).
Arrivammo a Dallas sfiniti, ma pronti a chiudere un nuovo bel impianto!!!
Bob, da gran signore quale era, e sapendo che per una notte sarebbe rimasto con noi il Dott. Aureli, ci prenotò delle stanze presso il Golf Club di Dallas, che è considerato il n. 1 al mondo, il più vecchio e rinomato d'America. Ci ritrovammo in un posto incantevole (e carissimo...), tra trofei e club esclusivi arredati da film americano, con mobili scuri, caldi, ambienti avvolgenti.
Il Dott, Alfredo arrivò il secondo giorno e per la sua venuta Bob organizzò una bellissima cena riservando un locale tutto per noi all'Hilton di Dallas: il Texas e la sua grandezza!! Tutto era enorme, la sala con una immensa finestra che si affacciava all'esterno, un tavolo ovale al qual sedevamo in 10-12 persone, serviti e riveriti, fantastico.
Ma la trattativa sarebbe stata il giorno dopo. Ci ritrovammo nella sala riunioni della ditta, noi 4 della Scm, compreso il Dott. Alfredo, e lo staff della Quality Doors. Per tutta la mattinata ripassammo in visione l'intero progetto. Io feci gran parte della esposizione, coadiuvato da Celso Santucci e con Maioli che di tanto in tanto interveniva per dare il suo consenso. Tutto perfetto. Poi, dopo il pranzo, cominciò la negoziazione commerciale. Bob tirò sul prezzo dicendo che era una opportunità unica per SCM per presentarsi su un nuovo mercato e che lui, prima della mia chiamata per proporre un blitz immediato, aveva sostanzialmente già deciso di comprare Homag. Intervenni un po' nella negoziazione, ma, con la presenza del Dott. Aureli, arrivati al numero finale, mi tirai indietro dicendo che ormai era tra i due titolari che si doveva giocare la partita.
Si era arrivati a un prezzo dal quale più nessuno voleva staccarsi (non ricordo la cifra esatta che separava quanto la SCM chiedeva e quanto Bob offriva). Ricordo però che ci fu una empasse dalla quale non si riusciva a venir fuori: nessuno dei due voleva cedere.
Fu allora che dissi:
"Bob, can I talk to you in your office for a second?"
"Ok", fece lui.
Andammo soli noi due nel suo ufficio:
"Sai tutto quello che ho fatto per arrivare fin qui, sai quanto è importante per me, e per il gruppo, prendere l'ordine: per favore, fai un piccolo sforzo supplementare e saremo tutti contenti"
"Rudy, disse Bob, voglio che tu possa essere contento e che si possa chiudere il business. IO OFFRO ALTRI 30.000 $ per riconoscere il lavoro che tu hai fatto, ma...NO A CENT MORE"
"Ok Bob, that's it!!!" e gli tesi la mano, che ci stringemmo.
Tornammo al tavolo, spiegai il tutto al Dott. Aureli che accettò!!!
Business done!!!
Usciti dalla sala, appena restammo soli noi della SCM, il Dott. Alfredo ci fece i complimenti per aver assistito alla più bella trattativa che gli fosse finora capitata e l'Ing. Maioli mi disse in un orecchio:
"Rudy, da quando conosco il Dott. Aureli, questa è la prima volta che fa un complimento di questo tipo!!!"
.....la sera in Hotel, il Dott. Aureli ci lasciò soli al bar dicendo:
"Brindate e prendete tutto quel che volete!!!"....il bar del Golf Club di Dallas era il più caro che avessi mai conosciuto.....
L'anno dopo, nel '95, installammo l'impianto nella nuova fabbrica costruita a Lexington, Kentucky. Neanche a dirlo, ci furono problemi. Seppure le consegne furono più o meno rispettate e le macchine fossero ben funzionanti, una cosa era installare e mettere in produzione una macchina, altra cosa era far partire una fabbrica Intera. Il cuore dell'impianto era una linea di squadratura-foratura automatica, asservita da carico e scarico. Senza scendere in dettagli tecnici, furono commessi alcuni errori nello studio, non tenendo conto della particolarità dei pezzi da trattare e della qualità del truciolato in quella fabbrica, e fu così che l'accettazione dell'impianto cominciò a trascinarsi per troppo tempo...
...nel mentre tutto questo succedeva, il mio lavorare a ritmo forsennato e sempre in giro per il mondo, aveva messo in crisi il mio matrimonio e la mia (prima) moglie mi aveva chiesto la separazione. Non è in queste mie memorie che voglio mettere a nudo i miei personalissimi problemi, quindi sorvolo sul susseguirsi degli eventi negativi della mia vita privata dicendo semplicemente che.....
.....si decise in SMC di organizzare una task force per risolvere definitivamente tutti i problemi di start up in Usa, mandando un team di 11-12 persone sul cantiere per due settimane al termine delle quali si sarebbe organizzato un test-collaudo finale, che avrebbe portato alla firma della accettazione dell'impianto, e fu deciso che sarei andato io insieme ai tecnici, quale capo cantiere, per coordinare gli interventi e far corrispondere quanto si verificava in produzione con quanto era stato ipotizzato al momento dell'ordine....
.....e partii per l'America la sera dello stesso giorno in cui ero stato in tribunale a firmare la mia separazione....
...inutile stare a spiegare il mio stato d'animo, era come fuggire via per dimenticare, andare il più lontano possibile e impegnarsi il più possibile per distogliere la mente da tutti quei pensieri che portavano a chiedersi il perché e il percome delle cose e il senso della vita....
...passammo due settimane strepitose, un team che lavorò, in ottima sintonia, giorno e notte per arrivare al giorno stabilito della prova finale di collaudo. Per tutti i giorni precedenti quella prova sembrava che tutto andasse storto, che sarebbe stato impossibile raggiungere gli output dichiarati per la linea principale. Fino alla vigilia del giorno stabilito per il collaudo anche noi eravamo non troppo sicuri di riuscirci. Ma io ero determinato a fargliela vedere agli americani, sicuro che l'impianto avrebbe coinciso con quanto a tavolino avevamo studiato e programmato.
L'ultima sera prima della prova di collaudo, restammo in fabbrica, tutti insieme, fino alle due del mattino per provare e riprovare il funzionamento delle macchine e prendere i tempi di set up e funzionamento della linea. E la mattina successiva, alle 8, ora programmata per l'inizio del test, eravamo già puntualmente al nostro posto, i tecnici coinvolti nella loro posizione strategica, pronti a dare una piccola spintarella nel caso in cui qualcosa si fosse inceppato. La prova doveva svolgersi su due ore di lavoro consecutivo, con 2 set-up previsti e un 80% di efficienza dell'impianto.
Gli americani si presentarono, Bob, il padrone, compreso, appostati lungo la linea con cronometri e quaderni su cui appuntare eventuali fermi che, a loro avviso, sicuramente si sarebbero presentati. L'adrenalina era al massimo....il collaudo partì e....per due ore tutto andò liscio come l'olio, raggiungemmo più di quanto avremmo dovuto in termini di pezzi passati!!!
Gli americani erano increduli e senza parole, non potevano credere a quanto succedeva sotto i loro occhi dopo che fino al giorno prima avevano riscontrato solo problemi. Ma in quel momento non avevano più appigli a cui aggrapparsi e dovettero firmare, sotto l'evidenza, il foglio di collaudo.
Quelle due settimane furono un'esperienza unica, condita da un tempo meraviglioso che ci accompagnò in quell'autunno del Kentucky, e questo mi riportò alla vita che doveva ricominciare con un nuovo spirito positivo.
Queste le note che scrivevo in quei giorni:
Lexington - Kentucky
Quando il tempo è fantastico, come in queste giornate di mezzo autunno nel Kentucky, ti si apre il cuore e lo spirito e, anche se la mente è occupata prevalentemente da pensieri tristi che danno solo sconforto, se non a volte disperazione, senti che la vita è bella e merita di essere vissuta. Il nostro MONDO, pur nella assoluta RELATIVITA' di tutte le cose, anche se da un lato è diventato PICCOLO per la uniformità degli usi e costumi ormai alienati da un MARTELLAMENTO TELEMATICO, offre al SINGOLO, all'individuo nella sua più intrinseca personalità, sbocchi e spazi sterminati.
IO, nella vastità di questo verde incredibile che mi circonda, sono niente e nessuno. Ed il verde continuo che si estende all'infinito fino a raggiungere un cielo azzurro e terso, oppure il tramonto ombrato di rosso che sfuma fino al rosa, ti riempie l'anima di emozione, ti dà ossigeno quando comincia a mancarti il respiro.
UNA GROSSA RISATA O UN PIANTO DIROTTO, ENTRAMBI AIUTANO A LIBERARE LA MENTE
31.10.1997 _ Aeroporto di Chicago
Le spaziose finestre a larghi vetri dell'aeroporto di Chicago permettono una larga veduta sulle piste e sulle attività collaterali di carico e scarico di passeggeri e cose sugli aeroplani. Il muso del DC 10 è lì di fronte a me, posso guardarlo negli occhi e lui mi guarda e sembra quasi sorridere: tra poco mi porterà al di là dell'Oceano con un volo ininterrotto di 10 ore. E' pronto a questa nuova fatica?? Lui sembra non pensarci , così come nessuno dei suoi prossimi occupanti sembra pensare allo sforzo che questo pachiderma del cielo dovrà fare per alzarsi in volo e correre a 1000 km/ora verso l'altra parte del mondo.
Non sono tanti i passeggeri in attesa, ma, come sempre nei grandi aeroporti e sui volo transoceanici, la "fauna" è molto variegata. C'è la coppia di pensionati americani, probabilmente alla ennesima vacanza della loro vecchiaia, seduta di fianco alla giovane coppia di yuppy vestita nel classico abito nero, calze nere, scarpe nere, cravatta nera, camicia bianca che distingue il rampante businessman, accompagnato da una splendida ragazza mora, anche lei vestita in nero con un vestitino corto fin sopra il ginocchio che lascia vedere tutte le belle gambe, coperte da calze nere di lana.....più in là nella sala d'aspetto è seduta un'altra anziana coppia di mediorientali, forse turchi, che probabilmente tornano a casa dopo anni di assenza.....
La calma della sala d'aspetto (chissà perché, ma alla partenza per viaggi lunghissimi si percepisce sempre un'atmosfera, non di tensione, ma quantomeno di rispetto verso quello che, sebbene oggi considerato routine, rimane pur sempre una avventura nella vita di ognuno) è, come sempre in America, rotta dal martellante parlare delle televisioni. Il martellante susseguirsi degli avvenimenti del mondo proposti a ritmo continuo dalla CNN, unito all'ancor più martellante Tam-Tam della pubblicità.
Si comincia a percepire l'arrivo dell'inverno, il cielo è di un grigio cupo, la temperatura è scesa a pochi gradi sopra lo zero. Si iniziano a vedere maglioni, giubbotti e impermeabili....novembre è il mese della tristezza, si va verso la FINE dell'anno, ed ogni FINE è triste, ogni FINE è la vita che passa. La vita è anche ricordo, ma il ricordo è PASSATO ed il passato che cresce ci accorcia il (nostro) futuro......
...e poi per chiudere quell'anno:
Sono le parole che scrivo parole d'artista? Sono parole di filosofo?? Sono parole d'IDIOTA??? Sono PAROLE!!!....
Parole, canzoni,
musica, poesia,
allegria
malinconia
tristezza
gaiezza
del doman non v'è
certezza
chi vuole esser lieto
sia...
tutto passa
tutto resta
nel profondo
della testa
..............
Il ricordo
è il tuo passato,
è la base
del presente
che organizza
il tuo futuro
............
Sarà facile
O più duro??
............
La risposta
non esiste,
il più forte
è chi resiste!!!!
....la vita è come una partita di tennis: anche quando pensi di aver fatto un colpo eccezionale, devi aspettarti che la palla ti torni indietro....e devi essere pronto per un nuovo colpo, ancora migliore di quello precedente!!!
...ho trovato questi versi su un libro di poesie di Prevert:
J'ai deserté
Je n'ai jamais compris grand-chose
Il n'y a jamais grand-chose
Ni petite chose
Il y a autre chose
Autre chose
C'est ce que j'aime ce qui me plait
Ce que je fais
..........
Per concludere quegli anni intensi vissuti nella mia prima esperienza in SCM......
Una domenica, prendendo un caffè in Piazza a Pesaro, incontrai, anche lui che prendeva un caffè, il Sig. Giancarlo Selci (domus della Biesse). Non potemmo fare a meno di salutarci e scambiare due parole. Giancarlo mi chiese come stessero andando le cose a Rimini, mi fece alcune considerazioni su come invece andavano in Biesse, mi chiese se fossi contento e soddisfatto della mia posizione in SCM.
In quel periodo non ero al top con i miei colleghi: colui che mi aveva fatto entrare in SCM, il Dott. Paci, aveva, come si poteva già immaginare, fatto una rapida carriera ed era diventato il n.1 dopo il Dott. Aureli e, senza che scenda ora nei dettagli perché la narrazione sarebbe lunga e noiosa, per valutare se io fossi dalla sua parte o in una cordata a lui ostile, mi aveva mandato in esilio a Thiene, alla Stefani (dove, ormai single e sistematicamente fuori casa, cominciai a intrattenermi e entrare in confidenza con quella che sarebbe poi diventata la mia seconda moglie, Eleonora).
La cosa non era stata chiaramente di mio gradimento e avevo cominciato a cercare una alternativa lavorativa, trovando una opportunità presso la Ditta IMAB, diretta dal mio amico Ing. Giuseppe Rossi, con il quale avevo condiviso diverse situazioni in giro per il mondo quando lui faceva il mio stesso lavoro in Comil. Decisi quindi di dimettermi dalla SCM ed accettare un incarico, comunque molto importante, in una azienda che era in piena crescita (e sarebbe diventata poi il primo Gruppo mobiliero italiano in termini di fatturato), ma fuori dal settore nel quale fino a quel momento avevo dato il meglio e il massimo di me stesso.
Il caso volle che proprio la sera prima del venerdì che avevo deciso di consegnare le mie dimissioni in SCM, venisse in visita a Thiene l'Ing. Giovanni Gemmani, figlio del cofondatore del Gruppo SCM, oggi Presidente del Gruppo stesso. Giovanni era entrato nel Gruppo da una porta secondaria, se vogliamo chiamarla così, arrivando da una esperienza con una altra grande multinazionale. Venne affidato all'Ing. Maioli che godeva della massima stima di suo padre, e, conseguentemente, Maioli me lo aveva affiancato per i suoi primi passi all'interno di una realtà che non lui conosceva. Eravamo diventati in qualche modo amici, facendo diverse trasferte insieme (Usa e Canada in particolare) e avevamo lavorato fianco a fianco su diversi progetti di ingegneria.
Quella sera a Thiene, essendo alloggiati nello stesso albergo, andammo a cena insieme e, tra un boccone e l'altro, annunciai a Giovanni la mia decisione di presentare le dimissioni il giorno successivo. Lui rimase sorpreso e mi chiese di aspettare ancora qualche giorno perché avrebbe voluto discuterne con il Dott. Aureli e capire meglio cosa mi avesse spinto fino a quel punto. Il risultato fu che fui richiamato a Rimini e reintegrato nelle mie funzioni, con un maggior appoggio da parte della Direzione a quanto avrei dovuto portare avanti: fu quella una piccola rivincita sul Dott. Paci!!
Ma torniamo al caffè con il Sig. Selci:
"Bhe', ti saluto, buona fortuna e, se un giorno mi vuoi chiamare, non ti fare problemi"
"Chissà, intanto grazie a lei"
Avevo sì risolto in qualche modo la mia frustrazione in SCM, avevo un buon ruolo, un buon stipendio, un bell'ufficio.....ma qualcosa si era rotto, son fatto così......
Negli ultimi mesi del '96, tornato a Rimini e ripreso possesso dei progetti di Engineering che mano a mano si erano accumulati, entrai in contatto per la prima volta con Sergio Serri e il suo amico-cliente Nestor Bergamo, titolare di una delle più importanti fabbriche di mobili del Brasile. Fu un primo incontro che diede origine a tutta una serie di avventure successive e a un rapporto di stima e amicizia che proseguì per diversi anni.
Da subito, dopo quel primo incontro a Rimini, nacque una incredibile intesa intellettuale tra me e Nestor Bergamo.
Sergio Serri da tanti anni lavorava in Brasile, era stato responsabile della Giben do Brasil, che, su licenza della Giben italiana, (a quei tempi la Giben era una delle eccellenze italiane del settore!!) fabbricava macchine laggiù. Poi si era messo in proprio avendo instaurato un ottimo rapporto di amicizia personale con molti dei maggiori fabbricanti brasiliani, in particolare con la ditta Bergamo appunto, e per Nestor era diventato una specie di porta-borse e suo braccio destro. La coppia mi piaceva tantissimo, non ero ancora stato in Sud America e la cosa mi stimolava.
Nestor stava guardandosi intorno per acquistare nuovi macchinari e rendere la sua fabbrica più moderna ed efficiente. In azienda aveva quasi tutte macchine tedesche, si vantava di avere la bordatrice IMA n. 2, praticamente la prima macchina bordatrice fabbricata e venduta dalla Ima, essendo la n. 1 il prototipo.
Questo nostro feeling immediato mi portò ad andare a visitare la Bergamo a San Paolo subito dopo l'incontro avvenuto in Italia, per sviluppare un progetto di automazione speciale, che avrebbe dovuto adattarsi alle macchine di vecchia generazione che lui possedeva (ricordo le ore passate insieme all'amico Gabriele Stacchini, tecnico della Mahros e in assoluto uno dei migliori tecnici che ho incontrato in carriera, ma anche una delle persone più difficili per lavoraci insieme, essendo la sua bravura tecnica direttamente proporzionale alla sua testardaggine).
Alla fine il risultato fu la definizione di un ordine da 1 milione di dollari (cifra tonda) che firmai proprio in Brasile dopo aver verificato sul posto lay-out e quant'altro...
Nel frattempo la telefonata al Sig. Selci l' avevo fatta, avevo avuto un incontro informale nel quale mi aveva detto che forse avrebbe avuto una opportunità molto interessante per me, ma che era una sua idea e avrebbe dovuto parlarne con i suoi. Ci lasciammo con io che dovevo partire per il Brasile per andare, possibilmente, a chiudere la negoziazione con Nestor e lui che mi chiedeva qualche giorno per farmi una proposta. Restammo d'accordo che ci saremmo sentiti mentre ero via e se del caso ci saremmo incontrati subito al mio ritorno.
Il risultato di tutto questo fu che dal Brasile fissammo un appuntamento a casa del Sig. Selci la domenica mattina dopo il mio rientro. Rientrai il sabato sera e la mattina successiva fui puntuale a casa del Sig. Selci, dove lui mi attendeva insieme a quel Luciano Baioni che era stato socio con me nella Eurogroup e che era ormai diventato il suo braccio destro. In meno di mezz'ora ci mettemmo d'accordo sul mio possibile ruolo nel Gruppo Biesse (quale ormai era diventato, seppur quale somma di tante aziende autonome), sul mio stipendio e responsabilità: avrei dovuto prendere in mano ("farai tutto te", furono le parole di Selci) l'allora Bielle, una delle aziende del gruppo che era al servizio della RBO e della Engineering (che si era formata al momento della liquidazione della Eurogroup) fabbricando automazione speciale. C'era la volontà di riorganizzare lo speciale separandolo dalla routine dello standard, quindi gestirlo in modo autonomo e cercare di renderlo un business con una sua redditività.
Lunedì 11 febbraio 1997, mi presentai in ufficio in SCM, al rientro dal viaggio brasileiro, con in una mano l'ordine di 1 milione di dollari acquisito alla Bergamo e nell'altra la lettere di dimissioni.
Fu ancora una volta un fulmine a ciel sereno e nessuno riusciva a spiegarsi le motivazioni. Il primo che mi raggiunse nel mio ufficio fu il Dott. Paci, sostanzialmente la causa principale delle mie decisioni degli ultimi mesi: il mio problema principale a vivere in una organizzazione complessa, fin da quando decisi di fare l'allenatore di basket, è che non sopporto l'Autorità (che, come si suol dire, è diversa dalla Autorevolezza....). Paci mi disse solo poche parole:
"Non posso fare niente, vero?" - "No", gli risposi, e lui se ne andò.....
Subito dopo di lui venne l'Ing. Maioli, mio amico e mentore, che mi domandò quali fossero le motivazioni della mia decisione, chiedendomi di avere ancora un po' pazienza perché di lì a poco le situazioni sarebbero di nuovo cambiate nel Gruppo (e così fu di fatto: 4 mesi dopo, il Dott. Paci fu destituito dalla sua carica di Direttore Generale....). Spiegai a Fabio che la Biesse mi dava una opportunità unica, non un lavoro da impiegato, ma una azienda da governare come amministratore unico e della quale mi avrebbero corrisposto il 10% delle quote al terzo anno di attività se il risultato fosse stato positivo!!!
Il primo marzo 1997 iniziava così un'altra parentesi determinante della mia carriera/vita: mile stone , come si direbbe oggi.
In quell'anno lasciai non solo la SCM, ma anche definitivamente la mia prima moglie, con la quale mi ero sì separato, ma avevo continuato a convivere ancora per due anni, e mi accasai con Eleonora, che sarebbe diventata la mia attuale moglie.
La vita che cambiava, anche se apparentemente non di molto, ma sostanzialmente in modo determinante.....
Anni ancora intensi e di rapporti complicati e conflittuali mi attendavano. Quando si cambia lavoro, per alcuni mesi, tutto sembra più facile, bello, spensierato....poi la routine ti riporta agli stessi problemi di sempre.
Prima di cominciare il racconto della mia avventura in Biesse, voglio chiudere con un altro paio di situazioni simpatiche e interessanti che hanno caratterizzato i miei anni in SCM.