3 - PREPARAZIONE ALLA..."VITA DEI GRANDI"
.....al ritorno dal viaggio in America avevo deciso di imparare l'inglese. Probabilmente l'esperienza americana avrebbe preso un'altra piega se avessi saputo comunicare....chissà che non sarei potuto rimanere là e frequentare Stanford, e incontrare Bill (Gates) e...e...e..
Mi sono iscritto ad una scuola privata e da questa decisione scaturiranno poi tutti gli eventi che andrò a raccontare di seguito, e direi anche tutto il seguito della mia vita....Frequentavo con assiduità le lezioni del mattino. Ero capitato in una classe piuttosto numerosa ed in prevalenza composta di donne, tutte più giovani me.
Mano a mano che i corsi si sviluppavano, continuavano ad arrivare alla scuola nuovi insegnanti madrelingua. C'erano già una insegnate tedesca, due inglesi, poi un terzo inglese, poi ancora due inglesi sarebbero arrivati. Questi insegnanti erano tutti giovani della mia stessa età ed erano alla loro prima esperienza italiana, quindi parlavano soltanto la loro lingua, cose che gli conferiva un fascino particolare. Cercai subito di farmi amico il mio primo insegnante: era appena arrivato in Italia e non conosceva nemmeno una parola di italiano, così come io non conoscevo quasi niente di inglese; i tentativi di dialogo erano quindi difficili, fatti di frasi tronche e verbi sempre al presente, quel po' di inglese che intanto ero riuscito ad apprendere.
Ero venuto a conoscenza della presenza nella scuola della insegnante di tedesco e di tanto in tanto cercavo di sbirciare nelle classi dove lei lavorava per scoprire che aspetto avesse, se fosse valsa la pena di tentare un'avventura: il fascino dell'esotico, questo passava in quel momento tra i miei pensieri (anche se tra il dire ed il fare di acqua ne passa poi tanta).......
Ero molto concentrato nell'apprendimento della lingua inglese e mi impegnavo a fondo: era praticamente l'unica cosa attiva che stessi svolgendo in quel periodo, oltre allo sport che mi occupava durante il pomeriggio/sera, permettendomi di guadagnare quei pochi soldi per gestire il mio mantenimento e la mia indipendenza dalla famiglia.
Un giorno, dopo che le lezioni procedevano già da qualche tempo, si presentò in classe, insieme all'abituale insegnante, George, un altro ragazzo, inglese a prima vista, alto, vestito in modo trasandato, con i capelli neri, folti e lunghissimi. Senza dire una sola parola, seguì tutta la lezione prendendo appunti, seduto in ultima fila. Tutti in classe si guardarono negli occhi di tanto in tanto domandandosi chi potesse essere quel giovane bizzarro. A fine lezione fu lo stesso Chris, il nostro attuale insegnante, a rivelarcelo:
"Sarà il vostro prossimo insegnante, fin dalla prossima lezione".
I commenti non furono molto favorevoli.
La lezione successiva George infatti si presentò in aula, sempre molto trasandato nel vestire, e, non conoscendo neanche una parola di italiano, attaccò subito con il suo inglese (molto raffinato per la verità) volutamente reso facile e comprensibile per potersi in qualche modo fare intendere. George mi ispirò subito simpatia e ne fui attratto in quanto sempre interessato a nuove scoperte, ad acquisire nuove conoscenze quanto più internazionali possibile. Fu così che i rapporti tra noi si fecero subito stretti. Diventai il suo punto di riferimento in classe. Piano piano si sviluppò quel rapporto che sarebbe poi stato colonna portante della STORIA che andrò a raccontare, che culminerà in giorni assolutamente indimenticabili....
George risultò subito attraente alle ragazze, aveva un suo fascino particolare. Sempre riservato, senza mai sbilanciarsi verso una ragazza, emanava però su di loro un fascino talmente forte che tutte avrebbero fatto le cose più strane pur di avere un'avventura con lui. E questo gli creò degli inconvenienti, perché' lui cercava tutt'altro che l'avventura con la prima che gli capitasse. Le ragazze per contro, pensando alla facile preda, si indispettivano....
.....Di li' a poco arrivarono le vacanze di Natale, la scuola chiuse, gli insegnanti tornarono a casa.
.....alla riapertura della scuola, io, Chris, George e un nuovo insegnante appena arrivato, Stan, organizzammo un party per inaugurare il loro nuovo appartamento, situato in un condominio, con vista mare, molto semplice, ma simpatico. Arrivai al party con un po' di ritardo perché' impegnato con la settimanale partita di basket. Appena arrivato ebbi la percezione della capacità di bere degli inglesi!!!!
Per la prima volta incontrai l'insegnante di tedesco che fino a quel momento invano avevo cercato di conoscere: non mi attirò come avevo immaginato, ma mi risultò interessante, soprattutto perché' parlava perfettamente l'inglese, niente più..... Durante tutta la serata non le parlai, non avrei saputo cosa dirle. Al contrario iniziò ad approfondirsi la conoscenza con George. Cercammo di parlarci, ma nella confusione non fu facile: avremmo avuto bisogno di conoscerci meglio. Questo party sarà il punto di partenza per la formazione di una nuova compagnia. E saranno i compagni di classe, o meglio le compagne, che tireranno le fila degli sviluppi successivi.
Poco dopo il suddetto party, ne fu organizzato un secondo, in un altro appartamento, per l'occasione della festa di compleanno di due delle ragazze della classe. Ed in questa occasione iniziò realmente a crearsi un nuovo gruppo. Una delle ragazze stava disperatamente tentando di avere un'avventura con George, ma lui non dava il minimo segno di flessione con il suo atteggiamento intransigente.
A questo secondo party, per contro, io ebbi occasione di conoscere un po' meglio l'insegnate tedesca, Luzia, che questa volta mi venne presentata. Tutti insieme si ballò, si cantò, si fecero giochi di società, si era felici. Osservavo Luzia costantemente, le chiesi di ballare un lento, iniziavo a sentire una attrazione più particolare nei suoi confronti: la ragazza mi sembrava in quel momento molto interessante. Non trovavo ancora una particolare attrazione fisica, ma sentivo che era "interessante", appunto, e che mi sarebbe piaciuto conoscerla meglio. Sarà quel party a fare da trampolino per un approfondimento di contatti tra gli italiani e gli stranieri.
Da quella sera cominciai a frequentare sempre più assiduamente gli inglesi. Iniziò a crearsi quella particolare atmosfera che si espliciterà poi successivamente, durante lo splendido mese di maggio di quel 1979.
La mia mente cominciava a spaziare. Il modo di vivere di questi stranieri mi affascinava. Avrei voluto poter anche io essere nella loro stessa situazione, essere uno di loro. In seguito, anche se entrerò a far parte della loro compagnia, resterò' sempre, in fondo, un corpo estraneo, e ciò mi peserà, in particolare nel mio successivo rapporto con Luzia.
Intanto il mio inglese cominciava a migliorare, così come migliorava l'italiano degli stranieri, per cui diventava sempre più facile capirsi.
Successe, eravamo a febbraio, che dovevo recarmi a Firenze per una partita e mi accompagnarono George e altri due degli insegnanti inglesi. Passammo insieme due giorni estremamente piacevoli, cosa che permise di stringere sempre più il nostro il rapporto e la conoscenza reciproca. Ci si ritrovava ormai sistematicamente e cominciai a frequentare, oltre che la casa di George, anche l'abitazione dove Luzia viveva insieme ad altri due insegnanti. Era un appartamento situato nel sottoscala di una palazzina a due piani: non era bellissimo, ma all'interno regnava un'atmosfera che si sarebbe fatta sempre più interessante con il passare dei giorni.
....arrivammo al periodo di carnevale, il gruppo degli stranieri organizzò un'altra festa, questa volta nell'appartamento di Luzia. Mi proposi chiaramente tra gli organizzatori prestando il mio giradischi ed alcuni dei miei dischi (strano questo ricordo, perché mai sono stato un consumatore di musica, eppure...). Essendo la festa prevista per il sabato ed avendo io la settimanale partita di basket, mi presentai molto tardi nella notte, ma ben felice di essere il trait d'union tra il gruppo degli stranieri e gli altri, cosa che, pensavo, mi rendeva interessante soprattutto verso le nuove ragazze che avevo conosciuto al corso.
Inoltre cominciò a passarmi per la testa la possibilità eventuale di combinare qualcosa con la Luzia. Quando ormai la festa volgeva al termine, Luzia si era già ritirata nella sua stanza. Scrutai attentamente la situazione per rendermi conto se ci fosse un qualche rapporto tra lei ed uno degli inglesi, magari proprio George, ma non mi sembrò verosimile.
La vita ricominciò con la sua solita routine dopo il party. Durante questo nuovo periodo che andava dal Carnevale alla Pasqua, una nuova allieva si presentò in classe. Si trattava di una francese, molto appariscente, non bellissima di viso, ma fisicamente eccezionale. Chiaramente non rimasi indifferente al suo fascino e anche George, pur nella sua compostezza, apprezzò sensibilmente. Lei era biondissima, sofisticata, vestiva sempre benissimo, piuttosto scollata, provocante. Sapevo benissimo di non avere nessuna speranza con lei, ma ciò nonostante un pensierino nasceva spontaneo..... E lei fomentava questi pensieri concedendosi con strane moine.....Stava preparandosi per un concorso all'Alitalia per diventare Hostess su linee internazionali. Parlava l'italiano perfettamente, ma con quell'accento francese che la rendeva ancora più attraente. Era madrelingua francese e doveva imparare l'inglese. Era all'inizio, ad un livello appena superiore a quello a cui io ero arrivato, aveva bisogno, più che di lezioni, di fare pratica. George intanto esercitava il suo fascino anche su di lei, ed anche lei, ne sono certissimo, cominciava a fare un pensierino su George. Con la scusa della pratica dell'inglese, mi chiese di organizzargli degli incontri con George nel suo appartamento!!! Fu così che, tutti e tre, sempre insieme, cominciammo a frequentarci spesso. Diverse volte ci ritrovavamo sul letto di George a chiacchierare. Lei era sempre più provocante ed anche la freddezza di George stava cominciando a sciogliersi (io ero già sciolto da tempo). Anche se reputavo di esserle simpatico, mi rendevo però conto che la lezione di inglese altro non fosse che una scusa per mettersi in evidenza con George. Sicuramente anche George si accorse di questo, ma non cedette comunque (come mai avrebbe ceduto in seguito....).
Questo strano rapporto a tre culminò in una uscita collettiva. La francesina, ci invitò per una serata insieme. Io avevo la macchina, ci demmo un appuntamento e andammo in discoteca, un po' fuori città. Fui io a guidare la spedizione. In discoteca non c'era tanta gente essendo un mercoledì, ma lei sembrava di casa in quel posto. Ci avrebbe spiegato più tardi che il locale offriva anche un servizio di entraineuse e che al piano superiore c'erano delle stanze per la notte: era veramente molto esperta....... Ma noi, ingenuamente, non abboccammo. Si ballò insieme: io piuttosto duro ed impacciato, George completamente fuori luogo con i suoi abiti stracciati ed i capelli lunghissimi, lei con un vestitino nero molto attillato che lasciava molto spazio alla immaginazione...... Poi si andò insieme a mangiare qualcosa, rientrammo tardissimo, ma con un nulla di fatto e........da quella sera i rapporti si diluirono e Lei piano piano scomparve di scena.
Questo rapporto a tre aveva però contribuito affinché' io e George ci conoscessimo meglio e diventassimo sempre più amici.
.....Intanto la Luzia cominciava ad interessarmi sempre più, avrei voluto parlarle, starci insieme una sera, per uno scambio di idee...avevo saputo che aveva trascorso l'anno precedente in America: questo mi affascinava. Vedevo sul volto di lei, nel suo modo di interfacciarsi agli altri e con gli inglesi, qualcosa di strano, per me attraente....e vedevo la possibilità della avventura con la tedesca....
D'altro canto però non avevo mai modo di restare solo con lei, c'erano sempre gli inglesi di mezzo. Cercavo questo contatto, ma non sapevo come fare, avevo paura a sbilanciarmi per non apparire il solito italiano agli occhi degli altri. Inoltre lei la vedovo come la loro donna, quindi troppo inserita nel gruppo per essere lei a sbilanciarsi. Però mi attirava sempre più e volevo saperne sempre più. Poi una sera ci ritrovammo soli a chiacchierare davanti a un bicchiere di vino e la cosa mi piacque moltissimo. Vidi negli occhi di lei uno sguardo particolare, intravedevo qualcosa per cui capii di piacerle per qualche ragione.....
....un giorno arrivò sua sorella dalla Germania, in vacanza, e voleva scoprire qualche posto vicino a Pesaro, Gradara, Rimini....subito mi offrii per fare da Cicerone e chiesi al mio amico Peppe se volesse accompagnarci per formare così due coppie. Passammo un piacevole pomeriggio a Gradara, visitando il castello, cosa che mi permise di sciogliermi un po' e di sapere ancora qualcosa in più di lei. Mi chiese se fossi disposto ad accompagnarla a Firenze: certo, lo avevo già fatto con gli inglesi, a maggior ragione mi sarebbe piaciuto farlo con lei.....
....durante le feste pasquali la mia amicizia con George si rafforzò ancora: essendo arrivata la sua ragazza dalla Scozia, ci ritrovammo tutti insieme e feci amicizia anche con lei....
....Non voglio tediare con il day by day della mia vita in quel periodo, ma ho voluto presentare una situazione che piano piano stava cambiando la mia visione del mondo che fino ad allora era stata prevalentemente concentrata sullo studio, che stavo, per ragioni contingenti, sempre più abbandonando, e il basket, centro di tutte le mie argomentazioni e i miei pensieri.
Essendo costretto, per poter guadagnare qualche soldo per il mio mantenimento con il basket, a non poter più frequentare l'università a Bologna, dove però ero ancora iscritto alla facoltà di Ingegneria (avevo già sostenuto la metà degli esami e in teoria ero in discesa verso la laurea), avevo cominciato a leggere di filosofia, a rimuginare nella mia mente sul mio possibile futuro, sul mondo, sulle ingiustizie del mondo....In questo contesto, quello che mi stava succedendo con il gruppo sempre più eterogeneo che si stava formando con gli inglesi, era come essere diventato straniero nella mia città. Mi ero lasciato andare in un vortice di situazioni e sensazioni anche conflittuali tra loro: la routine di tutti i giorni con il basket e il rientrare in famiglia la sera, contro l'essere in un altro mondo nel contesto così internazionale del Gruppo.
Il 1979 era ancora agli inizi, ma si delineava già come anno di svolta. Non sapevo e non potevo sapere cosa il destino avrebbe avuto in serbo, ma tutto stava cambiando. Sia accanto a me che intorno a me (o noi se vogliamo).
Mio padre era in difficoltà finanziarie, tra una disavventura e l'altra, legate alle precarie condizioni del lavoro, stava cercando di districarsi nel difficile mondo dei mobilieri. Pesaro era diventata ormai, in parallelo al Veneto, la capitale nazionale dell'industria del mobile. Questa si era sviluppata in maniera convulsa e destrutturata: chiunque in quegli anni '70 apriva fabbriche e si inventava un mercato. Il mercato italiano, con il suo boom economico degli anni '60 era stato esplosivo, ma adesso si dovevano trovare altri sbocchi e si cominciava a guardare all'estero, che in quel momento corrispondeva ai Paesi Arabi.
Il boom del petrolio stava portando un flusso enorme e ininterrotto di denaro verso quei paesi. Innanzitutto dalla Libia che era storicamente legata all'Italia, ma poi tutti gli altri. Si erano da poco costituiti gli Emirati Arabi Uniti. Il Kuwait era diventato da piccolissimo stato una potenza petrolifera. Chiaramente tutto nasceva dall'Arabia Saudita. E poi c'era l'Iran.
Mio padre si era mosso in quell'anno a livello di ambasciate e con l'Associazione degli Industriali per prendere contatti e cercare di chiudere qualche buon affare. Era in contatto con i maggiori (e migliori) produttori di mobili di Pesaro (vedi Nicolini Cucine, Berloni, Febal e via dicendo). Io, di tanto in tanto, lo accompagnavo in qualche sua visita e cercavo di capire se quella avrebbe potuto essere la mia carriera futura....ma sentivo dentro di me che quel mestiere non mi avrebbe portato soddisfazioni.
Sta di fatto che mio padre aveva portato avanti, tramite conoscenze varie, una grossa trattativa in Iran. All'epoca l'Iran era uno dei maggiori paesi capitalisti del mondo, con una relazione privilegiata con gli Stati Uniti. Il paese era governato dallo Scià, il mitico Scià di Persia (Reza Palevi) molto conosciuto da noi italiani per essere sempre sulle pagine dei rotocalchi con foto in vacanza in Sardegna, della quale ne possedeva una buona parte. Però si sentiva nell'aria che qualche cambiamento sarebbe avvenuto. Io ero reduce dal viaggio in America e là avevo potuto scambiare qualche pensiero con degli Iraniani. Ce n'erano a Stanford, in università, e comunque in Usa c'erano movimenti anti Scià, essendo considerato il suo regime una dittatura che assillava i sudditi e li teneva in miseria nera.
Il business potenziale che mio padre stava portando avanti stava andando a buon fine, un contratto preliminare era stato firmato durante una sua trasferta a Teheran: si trattava della costruzione di un grandissimo nuovo centro residenziale nel nord del paese, con nuovi palazzi e negozi. Pertanto tutta la parte mobili/arredamento sarebbe stata fabbricata in Italia e in particolare era coinvolta la Berloni Cucine (partecipai anche io a qualche riunione, più da spettatore che da interlocutore). Mio padre era fiducioso (o forse illuso) del buon fine dell'operazione, che avrebbe risolto i non pochi problemi finanziari che si stavano moltiplicando in famiglia, mentre io, da mie sensazioni derivanti anche dalla percezione che avevo avuto in Usa, ero molto scettico e cercavo, non per contraddirlo, ma nella speranza di aiutarlo, di disilluderlo, pur sapendo che se quel business non fosse andato in porto ci sarebbero stati tempi ancora più bui per lui. Per farla breve, quando tutto sembrava essere arrivato a conclusione, ci fu la Rivoluzione Islamica, lo Scià fu destituito e costretto a fuggire, Komehini si installò al potere. Mio padre ancora sperava che le cose si sarebbero risolte, che comunque anche il nuovo regime avrebbe sottoscritto l'impegno che qualcuno aveva preso, ma.....tutti sappiamo come è andata a finire con quel paese e gli anni bui che sono seguiti all'insediamento dei teocrati dell'Islam.
Da Wikipedia:
Mohammad Reza Pahlavi (in persiano: محمد رضا پهلوی, pron. [mohæmˈmæd reˈzɒː pæhlæˈviː], in italiano spesso traslitterato Reza Pahlevi; Teheran, 26 ottobre1919 - Il Cairo, 27 luglio1980) è stato l'ultimo Scià di Persia; ha governato l'Iran dal 16 settembre 1941 fino alla Rivoluzione Islamica dell'11 febbraio 1979. È stato il secondo e ultimo monarca della dinastia Pahlavi. Mohammad Reza Shah Pahlavi possedeva diversi titoli: Sua Maestà Imperiale, Shahanshah (Re dei Re, Imperatore), Aryamehr (Luce degli Ariani) e Bozorg Arteshtārān (Capo dei Guerrieri, in persiano: بزرگ ارتشتاران).
La rivoluzione islamica iraniana (persiano: انقلاب ۱۳۵۷ ایران, Enqelāb 1357 Īrān) fu una serie di sconvolgimenti politici e sociali, avvenuti nel periodo 1978-1979[1] in Iran, che trasformò la monarchia del paese in una repubblica islamicasciita, la cui costituzione si ispira alla legge coranica (shari'a).
Khomeyni dal suo esilio parigino incitava alla rivoluzione, attraverso messaggi registrati su audiocassette che venivano diffuse in tutto il Paese, mentre lo scià compiva l'ultimo disperato tentativo di salvare il suo trono mediante la nomina del democratico Shapur Bakhtiar a primo ministro, il quale accettò a condizione che il sovrano lasciasse temporaneamente il Paese. Inoltre a livello internazionale, durante la Conferenza di Guadalupe fu deciso dagli Americani di ritirare l'appoggio al loro alleato iraniano e lo invitarono ad abbandonare quanto prima l'Iran. Reza Pahlavi partì quindi il 16 gennaio 1979 per il Marocco, ma la popolazione, seppure entusiasta per l'avvenimento, non cessò la lotta, considerando la partenza dello Scià un'ulteriore prova della debolezza e dell'imminente crollo della monarchia.
Bakhtiar concesse la libertà di stampa, indisse libere elezioni e bloccò la fornitura di petrolio a Israele e Sudafrica, ma Khomeyni non riconobbe il suo governo e annunciò il prossimo ritorno in patria, che avvenne il 31 gennaio 1979. Le manifestazioni a favore dell'ayatollah si moltiplicavano mentre sempre più numerose erano le diserzioni nell'esercito, che l'11 febbraio annunciò il proprio disimpegno dalla lotta. A Bakhtiar non restò che darsi alla fuga.Inserisci qui il tuo testo...Inserisci qui il tuo testo...