2 - LA SCOPERTA DELL'EUROPA...E NON SOLO...
Parallelamente a frequentare l'Università ed allenare, durante tutti gli anni 70 ho continuato ad andare alla scoperta dell'Europa.
Da quel primo viaggio a Parigi, subito dopo il Diploma, per tutti gli anni successivi abbiamo, con vari amici, organizzato delle trasferte verso i diversi paesi europei, rigorosamente in campeggio. La più memorabile forse fu quella verso i Paesi Scandinavi: la meta era la Svezia, Stoccolma, patria del libertinismo europeo. Là c'era la libertà di costumi, si diceva che le donne fossero bellissime e disponibili.
Era il 1973, l'anno successivo al diploma, e non avevo ancora compiuto 20 anni. Con tre amici occasionali (ci si conosceva, si giocava insieme, si frequentava lo stesso bar parrocchiale, ma non si era veramente amici di sempre) partimmo un giorno di luglio, dopo aver finito la sessione estiva di esami all'università, e attraversammo tutta l'Europa facendo 8.800 km in macchina. Attraversammo tutta la Germania e proseguimmo fino alla Danimarca. Si fece tappa a Copenaghen, fu estasiante vedere giovani liberi come era quasi impensabile da noi, dove si era ancora ancorati ai vecchi costumi tradizionali. Rimane nella mia mente la serata al Famoso Tivoli, dove, tra un wurstel e una birra, trovammo tutti (meno uno) una bella e giovanissima ragazza con cui passare la notte: io, Picchio, Billy e Cocò....all'avventura.nserisci qui il tuo testo...
La notte successiva ci accampammo nel mezzo di una splendida foresta nel cuore della Svezia; poi Stoccolma al ritmo della canzone dei Pooh, Pensiero: tanti erano gli emigrati italiani e i ristoranti Italiani erano al top, lì si ascoltavano i testi più in voga in Italia.....il ritorno verso casa lo gestimmo ripassando per Parigi, scendendo dalla Olanda.....
La visita dell'Olanda, non era tanto allo scopo che si presumerebbe oggi...., ma piuttosto per visitare i locali del piacere. La rivoluzione dei costumi portata dal '68 ancora non aveva fatto molta presa in Italia e da noi non si poteva neanche immaginare cosa fosse il business del porno in alcuni paesi nordici. Questo solo per dire che comprammo un paio di riviste pornografiche da portare come trofeo ai nostri amici. Ripassammo per Parigi solo per una notte di sosta, parcheggiammo la macchina (la mia Simca 1308....) nel parcheggio sotterraneo degli Champs Elisées per andare a fare una piccola passeggiata. Lasciammo un borsello in bella vista sul sedile posteriore, borsello nel quale erano nascoste le piccole riviste comprate in Olanda, insieme a tutti i nostri documenti. Quando tornammo a riprendere la macchina, ci accorgemmo che il borsello era stato rubato.......
No Europa / Non party.....
senza documenti non si poteva passare la frontiera, come invece sarebbe possibile oggi....quindi ricerca del commissariato di polizia più vicino, denuncia del furto dei documenti e rientro forzato con foglio di via.......
Nota tragica: Il borsello rubatoci a Parigi ci fu poi ritornato....ma solo con dentro i documenti, senza le riviste che dovevano essere il nostro vanto con gli amici!!!
Nel 75 la Spagna: c'era ancora Franco al potere, ci trovammo in un paese europeo che "stava peggio di noi". Poi Franco sarebbe morto nel novembre di quell'anno e decidemmo di tornarci l'anno successivo: partimmo ancora in 4 (Rudy2, Fultz e Shiro) alla scoperta di un paese che, da un anno all'altro, si stava rapidamente trasformando con il passaggio dalla dittatura alla democrazia. L'atmosfera che trovammo fu sicuramente molto diversa da quella dell'anno precedente, si percepiva subito il cambiamento nell'umore della gente e nella voglia di recuperare il tempo perduto.
Da Wikipedia
Francisco Paulino Hermenegildo Teódulo Franco y Bahamonde[3], solitamente abbreviato in Francisco Franco e conosciuto anche come il Generalísimo de los Ejércitos o il Caudillo de España oppure in riferimento al grado militare Generale Franco (Ferrol, 4 dicembre1892 - Madrid, 20 novembre1975), è stato un generale e politicospagnolo. Fu l'instauratore, in Spagna, di un regime dittatoriale noto come falangismo o franchismo, parzialmente ispirato al fascismo. Rimase al potere dalla vittoria nella guerra civile spagnola del 1939 fino alla sua morte nel 1975.
Il 19 giugno 1974, il già malato Franco passò a Juan Carlos le funzioni di Capo di Stato a causa del peggioramento delle sue condizioni, salvo riprendere il potere il 2 settembre, dopo essersi ristabilito. Un anno dopo ebbe di nuovo delle complicazioni, e gli venne diagnosticata la malattia di Parkinson. L'ultima apparizione pubblica di Franco avvenne il 1º ottobre 1975 quando, nonostante le sue gravi condizioni di salute, fece un discorso alla folla dal balcone del Palazzo di El Pardo. Il 30 ottobre cadde in coma, e la famiglia acconsentì a staccare i macchinari che lo tenevano in vita.[senza fonte] Franco si spense pochi minuti dopo la mezzanotte del 20 novembre 1975, all'età di 82 anni, esattamente 39 anni dopo l'esecuzione di José Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange. Lo storico Ricardo de la Cierva sostenne però di essere stato informato della sua morte già la sera del 19 novembre.[48]
Al suo funerale parteciparono il principe Ranieri III di Monaco e Augusto Pinochet, che definì Franco uno dei suoi modelli ispiratori. L'ex presidente statunitense Richard Nixon definì Franco "un leale amico e alleato degli Stati Uniti".
Il corpo del dittatore fu sepolto nella Valle de los Caídos, un colossale complesso monumentale costruito dagli oppositori politici condannati ai lavori forzati per commemorare le vittime della guerra civile.
In quell'occasione arrivammo fino a Gibilterra, per passare anche una giornata in Marocco, che raggiungemmo da Ceuta con il traghetto.
...e gli anni passano fino ad arrivare alla fine dei '70 quando successero le esperienze che più hanno segnato la mia vita e hanno dato inizio a quell'itinerario attraverso il mondo di cui andremo a parlare....
Ho dato solo piccoli flashes sull'Europa di quegli anni '70. Esistevano i confini, andare in Francia, Germania, Svizzera etc era andare all'estero, con tanto di frontiere, passaporti, controlli doganali. Non esisteva Erasmus, non c'era una conoscenza delle lingue straniere, non esistevano i telefonini e i GPS. Il viaggio, anche in Europa, era una scoperta. Gli itinerari si dovevano studiare sulle cartine. Le indicazioni si dovevano chiedere a gesti a chi si incontrava per strada. E noi italiani eravamo ancora i meno preparati a queste scoperte. Perlomeno i giovani di provincia. L'italiano è stato per tradizione lo scopritore, il viaggiatore, ma in quegli anni 70 i giovani cominciavano solo a uscire da un guscio fatto di restrizioni materiali e intellettuali: pochi soldi e molta religione. Almeno in provincia si viveva in parrocchia, si frequentava il catechismo fino ai 14 anni e ci venivano inculcati valori di appartenenza alla famiglia, alla comunità ristretta della Squadra di basket o di calcio, non c'era una visione del mondo così come viene vissuta oggi, si guardava al resto d'Europa come Paesi Stranieri con una cultura di avanguardia e un tenore vita superiori al nostro.
Il partire per una vacanza all'estero, con viaggi in macchina di tanti chilometri, fermarsi in campeggi dove si potevano incontrare persone e personaggi di ogni tipo e razza (sì, razza: ci dimentichiamo oggi che fino a pochissimi anni fa, quella che adesso è L'Europa era un insieme di paesi di razze diverse e specialmente gli italiani erano considerati da un lato belli, divertenti, scaltri e via dicendo, ma dall'altro una "razzaccia", che esportava delinquenza e mafia, non solo oltreoceano, ma anche nei paesi limitrofi, come Svizzera, Germania e su su fino al Nord Europa).
Ecco, si vivevano anche queste emozioni contrastanti: l'essere visti come quelli che gettavano la carta dal finestrino della macchina, che non rispettavano le più elementari regole di civiltà, così come quelli che però lavoravano molto, aiutavano alla crescita del paese in cui erano ospitati e via dicendo.
Incontrare un connazionale, solamente in Francia o in Germania, era per loro come "rimpatriare":
"Ma come, tu sei italiano?? Da dove vieni, come mai da queste parti, che viaggio lungo che hai fatto, ......."
Tutto questo poco più di 30 anni fa, non letto nei libri di storia, ma vissuto in prima persona per circa 10 anni, con la voglia di capire il perché di queste dinamiche, per verificare con mano che, seppur con differenze caratteriali dovute alla posizione geografica e alla situazione territoriale, la cultura europea è sostanzialmente la stessa da Nord a Sud, una cultura che viene da una storia di scoperte, avventure, conquiste, tutte però appoggiate su guerre sanguinose per la conquista di supremazie che alla fine non hanno portato vantaggio a nessuno, ma soltanto distruzioni e morti che oggi possiamo considerare senza senso.
Eppure, nonostante l'evoluzione e le accelerazioni degli ultimi due decenni nella integrazione e nella conoscenza reciproca, qualcuno vorrebbe ritornare a un sovranismo che, per chi come me ha potuto vivere il cambiamento in presa diretta anno dopo anno, non ha alcun senso né logico, né pratico.
Ma lasciamo le argomentazioni polito-filosofiche e torniamo a qualche aneddoto più o meno divertente o significativo per la mia evoluzione di vita.
Saltando tante avventure, arriviamo al 1978 e......dall'Europa, ormai visitata in lungo e in largo, si sbarca in USA!!!!....
.....per la prima volta ho tenuto un diario completo, giorno per giorno, del viaggio che ho fatto. L'evento era troppo atteso e troppo importante perché potesse passare nella normalità.
Questo diario l'ho scritto di getto, ne riprenderò alcuni spunti per dare l'idea di quanto significativo e importante sia stato quel mio primo viaggio oltreoceano e il primo contatto con gli Usa, che al tempo erano ancora come un miraggio per noi piccolo-borghesi italiani.
Dal Diario
......per tutto l'inverno avevo pensato di andare finalmente in USA, e per tutto l'inverno avevo continuato a risparmiare soldi per poter realizzare questo mio proponimento. Ma la prospettiva sfumava con il passare dei giorni, non riuscendo a trovare nessuno che volesse condividere con me l'avventura e solo, senza conoscere neanche una parola di inglese, non me la sentivo di partire.
Verso la fine di maggio, finiti i campionati di basket, il mio amico Daniele, si dice intenzionato ad andare a trovare i suoi parenti in California. Prendo la palla al balzo e pronuncio la fatidica frase:
"Vengo anch'io".
Dopo un esame attento delle varie possibilità, la combinazione di viaggio più conveniente risultò essere quella di partire da Londra con biglietto STAND BY, per cui la prima mossa fu quella di acquistare il biglietto (solo andata, per il ritorno ci saremmo arrangiati in qualche maniera) per Londra, in aereo da Milano. I primi posti disponibili erano per il 16 luglio (1978), pertanto questa diventava la data di inizio della nostra avventura.
Il pomeriggio del sabato, a causa del maltempo e di alcuni scioperi, i treni avevano ritardi paurosi, quindi, per non rischiare di compromettere la partenza per Londra, anticipammo i nostri movimenti di qualche ora. Il saluto agli amici il sabato sera fu emozionante: in quel momento noi rappresentavamo gli eroi, coloro che andavano in avanscoperta, a nome di tutti gli altri!! .....
.....il mio primo volo è stato perfetto e abbastanza spettacolare, ma essendo per me la prima volta, alla partenza ho avuto un momento critico: mi mancava l'aria e non ero completamente calmo!!!...
Un primo episodio simpatico si verificò già all'aeroporto di Liuton, dove atterrò il volo dall'Italia: erano ad aspettarci due amici pesaresi (Forni e D'Urbano per chi li conoscesse e se li ricordasse), che erano già in viaggio (in tenda ed autostop) da circa un mese. Venivano da Parigi, dove erano stati al concerto di Bob Dylan, erano quindi passati per Londra ed avrebbero proseguito ancora verso il nord dell'Inghilterra. Li trovammo malmessi, affamati e stanchi. Per la stanchezza avevano preso in prestito un carrello della spesa al supermarket con il quale trasportavano i loro bagagli: ci avrebbero poi raccontato, che, dopo esserci lasciati, furono fermati dalla Polizia e portati al commissariato per il furto del carrello, rischiando di essere rimpatriati con foglio di via.
...In Bus, con un viaggio di due ore, ci trasferimmo a Victoria Station. Il posto, come d'altronde tutte le stazioni, era molto brutto e pericoloso, pieno di facce assassine e di sporcizia.
Lasciammo le valigie al deposito bagagli della stazione per togliercene il PESO: una sterlina per due colli. Quindi cominciammo a girare per Londra senza una meta precisa, finché trovammo una agenzia della British Airways. Erano esposti dei cartelli che parlavano dei famosi voli a prezzi stracciati (stand by), ma, non conoscendo l'inglese, non riuscivamo a capire quale fosse il meccanismo per poterli acquistare. Per fortuna gli Inglesi hanno l'abitudine di aiutare una persona che a loro giudizio si trova in difficoltà. Fu così che un signore anziano, tra tanta confusione, riuscì a farci capire che in fondo alla via dove ci trovavamo c'era un'altra agenzia sicuramente aperta: ci precipitammo là perché volevamo vederci subito chiaro. Mentre ci stavamo avvicinando, vedemmo un gruppo di persone stese per terra con sacco-pelo e coperte: subito capimmo l'antifona. Cercammo di avere il massimo delle informazioni possibili e quindi scoprimmo che avremmo dovuto metterci in fila e rimanere lì per tutta la notte fino all'apertura degli sportelli, che sarebbe stata la mattina alle 6,00 h.
Essendo i posti stand by, occorreva solo sperare che, al proprio turno, ne rimanessero alcuni disponibili. Si trattava di rimanere seduti o sdraiati sul marciapiede. Al nostro arrivo la fila era già consistente, e col passare delle ore si fece lunghissima: almeno 1000 persone erano ormai allineate. 1000 persone di tutte le razze, che si erano date inconsapevolmente appuntamento lì a Londra inseguendo il loro sogno o miraggio americano.
Ci siamo quindi stesi con i nostri sacco-pelo per terra e, dopo aver fatto a turno per andare a cercare qualcosa da mangiare, abbiamo affrontato la nostra seconda notte senza sonno.
Alle 6,00 h in punto aprirono le liste per gli USA. Quando arrivò il nostro turno, i posti per San Francisco (che era la nostra destinazione) erano già stati tutti venduti. Ce n'erano disponibili 10 per Los Angeles ed a noi potevano toccare il quinto ed il sesto. Reputando che Los Angeles o San Francisco fosse la stessa cosa e tenuto conto del fatto che, perso il posto, si sarebbe dovuto provare di nuovo il giorno dopo, decidemmo subito di acquistare quei due posti disponibili. Verso le 7 h del 17 luglio avevamo i nostri biglietti per la California.
Il nostro posto sul volo per Los Angeles era proprio sull'ala, vicino al finestrino, reparto non fumatori. La partenza fu ritardata di circa due ore a causa di uno sciopero improvviso, due ore durante le quali rimanemmo a bordo dove ci servirono uno scarsissimo spuntino. Poi però il volo fu fantastico, se non si considera la scarsezza del mangiare e la lunghissima durata (11 ore). Durante il volo fu proiettato il film Saterday Night Fever, film che già stava furoreggiando in Italia. (chiaramente il film era in inglese, quindi abbiamo semplicemente guardato le figure)....
All'arrivo a Los Angeles erano le 17,00h locali, corrispondenti alle 2,00h del mattino italiane: era la terza notte senza sonno. Il 17 luglio 1978 era stato il giorno più lungo della nostra vita.
Usciti dal terminal, dopo i vari controlli della dogana Americana, ci trovammo immersi nella realtà di una metropoli come Los Angeles senza sapere da che parte dirigerci, muoverci o fare comunque qualcosa; non abbiamo però assolutamente perso la calma. Abbiamo subito pensato di telefonare ai parenti di Daniele per avvisarli del nostro arrivo affinché ci venissero a prendere: non realizzavamo che tra Los Angeles e San Francisco c'era la California in mezzo!!!!
Al di là di questo, non riuscimmo comunque neanche a fare la telefonata: in Usa, appena si alza la cornetta di un telefono pubblico e si compone un qualche numero, subito qualcuno comincia a parlarti. Se non conosci l'inglese (o anche se non sai cosa normalmente dicono, perché non lo dicono in inglese raffinato, ma in slang) sei finito, è assolutamente impossibile comprendere cosa fare per riuscire a comunicare con qualcuno!!!
Così, tra un'indicazione e l'altra, strappate biascicando qualche parola qua e là, dopo circa un'ora, riuscimmo a trovare un pullman che ci avrebbe portati alla stazione dei Grayhound di Los Angeles.
Era questo un posto veramente terrificante per noi abituati al nostro tran tran di una cittadina di provincia come Pesaro: brutti ceffi, facce strane, di tutte le razze e di tutti i colori. Era notte, eravamo ormai in balia del caso, persi in Los Angeles, speranzosi di salire al più presto sul Grayhound giusto, per arrivare alla nostra destinazione finale. Alle 24,30 h locali montammo sul pullman, destinazione San Josè.
A San Josè arrivammo alle 8,00h del mattino; alle 8,15 h c'era già la coincidenza per PALO ALTO, che era la nostra meta. Finalmente alle 9,30 h fummo a destinazione!!
Riprovammo con il telefono e questa volta, essendo la chiamata diretta e locale, ci andò bene e l'Urania (la zia del mio amico Daniele) rispose al telefono: non poteva credere che fossimo già lì, praticamente sotto casa sua che si trovava a pochi BLOCKS (come dicono in America).
"Aspettate lì, non vi muovete che vi vengo a prendere immediatamente".
Ed infatti, dopo appena cinque minuti, l'Urania era lì davanti a noi, incredula che due ragazzetti italiani fossero stati capaci di arrivare, seppur sfiniti, fin sotto casa sua!!
L'emozione di incontrarsi, sia per noi che per i parenti di Daniele, fu molto grande. Noi eravamo sconvolti, stanchi, frastornati, increduli: credo che tutte le possibili emozioni si accavallassero in quel momento dentro di noi. Era la sospirata America. C'eravamo, era il sogno che si realizzava. Eravamo disorientati, in balia. L'Urania ci portò subito, prima che a casa sua, dove ci saremmo installati ed avremmo vissuto i successivi 40 giorni di vita americana, a casa della sorella Elvezia che, con il marito Pete, viveva in una delle tante splendide casette che costituiscono la città di Palo Alto. Là ognuno ha la sua casa, con la veranda che sporge sull'aiuola ai bordi di un marciapiede che fiancheggia la strada principale: sono tante strade ortogonali tra loro che costituiscono i blocks degli agglomerati di villette, ognuna con la sua caratteristica, ma comunque simile nell'architettura all'altra. Ogni famiglia ha il suo cane che vive in casa e si diverte in giardino.
Capita, quando si arriva in un posto dove da sempre si sarebbe voluto essere, in un posto immaginato per tanti anni ed esplorato con la fantasia, di rimanere o delusi o entusiasti: noi eravamo entusiasti, affascinati, frastornati....
Pete e l'Elvezia, coppia un po' stravagante, ci accolsero con mille cure e subito prepararono una colazione tipica americana, che ci ingozzammo, così affamati come eravamo. Finita la colazione ci portarono finalmente a prendere possesso della nostra stanza a casa dell'Urania. La casa ci sembrò a prima vista grande, accogliente e graziosa, comunque diversa dal nostro standard. Come detto, a Palo Alto ci sono praticamente solo villette indipendenti, ognuna con il suo piccolo giardino sulla strada. Anche quella della Urania era così, con la sua veranda/salotto che dava sul giardino antistante. Quella che ci era sembrata una casa grande, era in realtà una semplice villetta americana.
A fianco della porta di ingresso si trovava un finestrone a tutta parete e l'ingresso era direttamente sulla sala, dove si trovava la televisione (sempre accesa). Il pavimento era in moquette, con sopra grandi tappeti. Di fronte al televisore due poltrone con complicati meccanismi di bilanciamento ed un divano. Dietro al divano un tavolo da pranzo, con sopra due candele: gli americani amavano mangiare a lume di candela.
C'era una piccola cucina, attrezzatissima, con tutti gli optionals immaginabili e possibili, cose che per noi in Italia erano ancora lontane dall'essere usati in una casa comune: il frigorifero con a fianco un congelatore con quanto più riserve alimentari possibili; la macchina per fare il gelato; tutta una attrezzatura per fare il caffè all'americana; e chi più ne ha più ne metta......
C'era poi un piccolo bagno, anch'esso sullo standard americano, ben diverso da quello italiano: tappeti dappertutto, senza bidè, con il coperchio della tazza del water ricoperto di stoffa peluche, specchi, doccia....... Poi la camera dell'Urania con un lettone matrimoniale sofficissimo, con sopra una quantità enorme di cuscini...... Infine la nostra stanza preparata per l'occasione, con due lettini sommersi da scaffali e librerie. La nostra stanza si affacciava sul giardino posteriore, che girava dietro la casa fino al garage. Dietro una staccionata del giardino era situata la cuccia dell'immancabile cane, che, a differenza del barboncino fastidioso di Pete, era in questo caso un cagnone (non conosco le razze) tutt'altro che pacifico. Quindi, in mia presenza, si doveva assolutamente chiuderlo nella sua cuccia.
Il tempo di disfare le valigie e già l'Urania, anziché farci stendere sul letto per farci riposare, ci incalzava per portarci dalla Marietta, sua madre, che viveva in una mobile home insieme con il figlio maschio Ribello. Il posto era situato a Sunniville, una cittadina a poche miglia da Palo Alto, verso San Francisco. Per arrivarci, chiaramente in macchina, bisognava lasciare l'Embarcadero Road, per immettersi sull'highway per San Francisco. L'avventura era quindi già iniziata: in macchina, per le strade della California, un incrocio di autostrade per noi incredibile ed apparentemente impossibile da capire, in termini di direzioni o indicazioni.
Le Mobile Home erano (oggi ancora esistono, ma si stanno anche imponendo Autobus adibiti a casa...) delle case su ruote, inconcepibili per noi, ma estremamente comuni in USA, soprattutto per gli anziani. Infatti, anziani benestanti, potevano, con la loro casa mobile, spostarsi in posti a loro riservati, nelle varie città e Stati americani, per vivere dove più gli piacesse in quello specifico momento. La Marietta, insieme con Ribello, vivevano quindi in questa casa mobile, fissata in un residence esclusivo di Sunnyville. Nel residence potevano muoversi solamente persone di età superiore a 21 anni. Le Mobile Home erano una più bella dell'altra, disposte ognuna con un proprio spazio circostante che permetteva il parcheggio di un'automobile ed un piccolo giardino. C'era poi una casa comune, con libreria, bar, biliardi etc. Poi il centro relax, con piscina Iacuzzi (idromassaggio), campo di basket etc. La casa, che in effetti era una roulotte, era perfettamente arredata e completa di ogni confort.
L'Urania, che ci ospitava, era una zia di Daniele, sposata con un Tedesco e poi rimasta vedova. Viveva quindi sola nella casa sopra descritta. Aveva due figli, Danny e Gary. La Marietta era sua madre che, come detto, viveva con il fratello di Urania, Ribello. Danny era il secondogenito di Urania ed era uno scapestrato, reduce del Vietnam e contestatore a Berkley, mentre Gary era il figlio più serio e responsabile, agli inizi di una presumibile brillante carriera politica nell'Amministrazione di San Josè. Ognuno di loro viveva la propria vita, in città diverse, ma tutti erano costantemente in contatto l'uno con l'altro. Il telefono e la macchina la facevano da padroni: impossibile incontrarsi per caso o passeggiando a piedi.
Dalla Casa Mobile della Marietta, dopo aver un po' conversato e parlato dei vari parenti di Daniele in Italia, l'Urania ci rimise in macchina per rientrare verso la Nostra Casa. Ma, prima di dirigersi verso di essa, volle farci vedere un posto, che in seguito avremmo scoperto veniva chiamato Mall, che a noi sembrò impressionante. Il Mall americano era (ed è) l'equivalente del grande magazzino italiano (che all'epoca da noi voleva dire La Standa...), ma..... quello che era lo shopping center in Usa era per noi qualcosa di innaturale, di fantastico, completamente fuori della nostra cultura.
Vedere in un unico agglomerato, cinema, discoteche, bars, negozi, grandi magazzini, ristoranti di vario genere, etc., era per noi qualcosa che neanche la più fervida fantasia avrebbe potuto immaginare......
Dopo questa breve visita al primo nostro Mall, finalmente l'Urania si diresse verso casa. Dico finalmente perché, pur se entusiasti ed affascinati da questo primo impatto con la realtà americana, eravamo a dir poco stanchi, ed una dormita si rendeva senz'altro necessaria. Arrivati in casa ci sdraiammo subito sul letto, ma non si fece in tempo neanche a chiudere un attimo gli occhi che arrivò Danny. Lui era il giovane, stravagante e disordinato, che avrebbe dovuto prendersi cura di noi che eravamo i giovani italiani. Danny volle portarci immediatamente a fare il suo giro. Aveva una BMW cabrio, macchina rara in America, molto potente e scattante, rispetto al loro standard. Assaporammo così ancora il clima delle strade della California, su una BMW, condotta da un giovane reduce della guerra del Vietnam. Verso le 17,00 h locali rientrammo in casa: per noi erano le 2,00 h del mattino, quindi la quarta notte senza sonno. A quel punto ci concessero un breve riposo, un paio d'ore, fino alle 19 h, quando arrivarono Ribello con Gary e famiglia per la cena. Rimanemmo a tavola fino alle 22,00 h, quando finalmente tutti se ne andarono ed potemmo andare veramente a dormire.
Erano passati tre giorni e quattro notti dalla nostra partenza da Pesaro. Tutto era andato bene, eravamo stremati ma felici. Felici di essere in America, felici di essere ospiti graditi e coccolati, pronti ad iniziare quell'avventura di sei settimane che sarebbe comunque rimasta unica ed irripetibile.
Dormimmo per 12 ore consecutive, finché non ci alzammo ancora frastornati dal fuso orario. La prima colazione era pronta, l'Urania aveva già preparato tutto. Che colazione!!!!.....Noi, abituati all'italiana, con un caffè e magari un po' di pane e marmellata o un biscotto, ci trovammo davanti ogni ben di Dio: uova, pancetta, succo di pompelmo, caffè, latte, dolci..........
Subito dopo colazione, partimmo in macchina per raggiungere casa di Gary, a San Josè, situata a 14 miglia da Palo Alto, dove arrivammo verso le 13,00 h. La casa era bellissima, in uno dei migliori quartieri di San Josè. Molto più grande di quella dell'Urania, con un gazebo ed una splendida piscina. Passammo così il pomeriggio prendendo il sole ai bordi della piscina, facendo tuffi in acqua, giochi e nuotate, il tutto condito da frutta a volontà e bibite al cocco: ci sembrava, piuttosto che in America, di essere piombati nel paradiso terrestre.
....Gary era il figlio serio dell'Urania. Aveva 34 anni, un figlio di nome Eric e la moglie Norine. Guadagnava 32.000$ l'anno ed era molto posato e simpatico.
Alle 19,00 h, Gary tornò dal lavoro: tutto era già pronto per la cena. Sotto il gazebo, seduti ad una tavola imbandita, ricoperta di ogni ben di Dio, consumammo una cena favolosa mentre la sera si stava impossessando del giorno trascorso nel relax e nell'ozio più assoluti.
Erano due giorni che eravamo lì, nell'area di San Francisco, quella che veniva chiamata la Silicon Valley. Prima di partire non potevamo neanche immaginare che cosa in realtà fosse. Ora che c'eravamo, il nostro stato d'animo era tra l'incredulo e lo stupefatto. Due giorni di tempo stupendo, cielo azzurro incontaminato, clima caldo, ma reso sopportabile e mitigato dal vento fresco dell'oceano pacifico. La notte poi era deliziosa, limpida e stellata, fresca e riposante: che cosa chiedere di più!!!!
Le parole del mio diario sono testuali:
"qui sembra il paradiso terrestre. C'è sempre il sole, si mangia a volontà, è tutto molto bello".
.......Le giornate passarono ad un ritmo travolgente. Non c'era sosta, non c'era un attimo di respiro: devevano assolutamente farci vedere tutto, niente doveva mancare. Cose favolose, quelle che da noi erano le più sofisticate ed irraggiungibili: da andar via di testa per giovani della nostra età cresciuti nel mito dell'America.
Il tempo continuava ad essere sempre uguale: semplicemente fantastico!!!.
.....La cena era prevista a casa della Marietta: era difficile fare distinzione tra cena, pranzo, merenda, non c'erano gli schemi come i nostri dell'epoca. Dopo l'abbondante colazione del mattino, durante il giorno si mangiava qualunque cosa, velocemente, in piedi, un panino, un hot dog. Poi ci si trovava a cenare alle 18,00 h, come quella sera. Finita la cena, Daniele ed io andammo a tuffarci in piscina. Nella stanza accanto ci immergemmo in una vasca che così descrivo nel mio diario:
"Di fianco alla piscina normale ne hanno un'altra con acqua molto calda ed agitata, dove si può stare per non più di 15 minuti. Ha una funzione disintossicante".
Nota: una semplice vasca idromassaggio ancora di là da venire da noi all'epoca.
Riporto le prossime righe per dare una idea del pensiero dei miei 20 anni e in un'epoca che possiamo considerare quasi remota
.....In piscina abbiamo incontrato un italo americano, siciliano, con il quale abbiamo scambiato qualche parola, ed ecco quelle che erano le mie impressioni del momento:
"questi italo americani hanno strane idee sull'Italia e sulla nostra condizione. Pensano che gli italiani siano ancora nelle condizioni in cui si trovavano quando sono partiti loro o i loro padri, cioè nella miseria più nera, senza mangiare, senza strade, senza macchine ed in mano ai comunisti...... Va bene che da noi il casino è grande, ma non siamo a questo punto...... Per contro questo è il difetto degli americani: la megalomania. Siccome effettivamente sono decisamente più avanti rispetto ad altri paesi, si sentono per questo i padroni del mondo. C'è da dire che questa presunta superiorità non la concepiscono con prepotenza ed arroganza, ma abbastanza simpaticamente. Perché l'americano è fondamentalmente simpatico... ed in effetti questo loro essere avanti è un dato di fatto inconfutabile. A prescindere dalla bontà o meno del loro sistema, o del sistema capitalistico in generale, io credo che loro siano effettivamente circa 15-20 anni avanti a noi, pertanto, inevitabilmente, tra 20 anni saremo noi dove loro sono adesso.
Inoltre, per quanto riguarda il loro sistema, che può essere fin che si vuole criticabile, almeno per quanto io ho potuto constatare, mette tutte le persone nella condizione di stare bene (o molto bene), e tutti sono fondamentalmente soddisfatti del tipo di vita che conducono e del tipo di sistema a cui sono assoggettati. Per cui tutti i nostri discorsi sul sistema capitalistico alienante, che distrugge la personalità etc, etc, pur rimanendo in parte vero, viene però ridimensionato. Forse ho visto una realtà particolare della vita americana, ma anche i giovani, che tra l'altro hanno qui iniziato le lotte studentesche del '68 e tutto il movimento di rivoluzione giovanile nel mondo, non hanno in fondo di che lamentarsi.
Chiaramente tutto è in mano alle multinazionali che, nonostante il sistema tributario sia praticamente perfetto, sono forse le uniche che riescono ad evadere le tasse ed in sostanza a detenere il potere, sia economico che politico. Tutto questo non è giusto ed il cittadino americano lo sa, ed è ciò che cerca di combattere.
Negli Stati Uniti, praticamente, la politica tra la gente non esiste. Il concetto di fondo è che ognuno debba avere delle opportunità ed in generale ognuno le ha. Però da parte dell'uomo comune non viene accettata la sudditanza alle multinazionali, cioè a chi crede, in quanto detentore di tantissimi soldi, di avere il potere essendo il più furbo. Il concetto principale rimane, comunque, a mio avviso, il fatto che sostanzialmente tutti vivono bene. Ricordo che un Persiano, appena diplomato al college di S. José e con il quale abbiamo parlato all'aeroporto di S. Francisco, faceva un paragone tra gli USA ed il suo paese, capitalistico per eccellenza (all'epoca...), sintetizzando abbastanza bene la situazione. Diceva: in USA c'è il ghetto, con i poveri, che possono essere il 10%; un altro 10% sono i super ricchi, così che l'80% ha una vita più che buona. Invece in Persia il 10% è ricchissimo, mentre il 90% è nel ghetto.
.....abbiamo fatto una scappata alla Stanford University. Questa è la migliore e più esclusiva università americana, nella quale si trovano i migliori studenti di college e ragazzi di ogni nazionalità, di famiglie famose e benestanti. La Stanford University è particolarmente importante per le sue ricerche nel campo della medicina e dell'elettronica. Sicuramente i migliori cervelli americani escono da questi studi. Essere iscritti a Stanford vuol dire essere molto ricchi. Il costo per frequentare si aggira sui 1000 $ al mese (1979).
All'interno della cittadella universitaria c'era (e ancora c'è) uno dei Mall più esclusivi di tutta la zona di Palo Alto. Nel Mall fa spicco il grande magazzino della Macy's, la migliore e più esclusiva catena di grandi magazzini d'America che aveva un numero limitato di negozi, solamente nei più importanti posti della nazione. Ci perdemmo per più di un'ora nel Mall sognando di poter comprare tutto quanto a portata di mano: tutto era per noi così bello e diverso da come eravamo abituati a vedere la merce in esposizione, o le merci così diverse e strane, introvabili in Italia.....
.....con Ribello, salimmo sulla sua vecchia Wolkswagen per correre verso il mare, destinazione Half Moon Bay, LA BAIA. Dopo aver imboccato la 401 verso S. Francisco, abbiamo deviato per Half Moon Bay dove si arriva dopo aver superato le colline che scendono poi a picco sul mare e lo separano dalla piana della Silicon Valley. Mano a mano che ci avvicinavamo al mare il paesaggio si faceva sempre più affascinante. La giornata, che era stupenda come sempre da quando eravamo arrivati, sembrava incupirsi ed il sole sembrava scomparire, ma era invece il vapore dell'oceano che creava quella condensa di nubi che rendevano il clima ancora più piacevole e suggestivo.
Dopo una serie di curve su una strada comunque a traffico scorrevole e molto panoramica, finalmente vedevamo l'oceano Pacifico, una massa sterminata di acqua azzurra che si muoveva da terra all'infinito. Half Moon Bay è semplicemente un porto di pescatori. Quando il sole va verso il tramonto, nel tardo pomeriggio, si assiste al rientro dei pescherecci che ritornano con il loro carico di pesci. Per noi, abituati al nostro piccolo mare Adriatico con i suoi piccoli pesciolini, vedere dei tonni dalle dimensioni enormi essere scaricati a decine era sicuramente un'esperienza unica. Neanche sapevamo per la verità come fosse fatto un tonno: questo pesce nero, a mezza luna, dal peso di almeno 10 chili, chi poteva immaginarlo se quello che avevamo visto fino a quel momento era solo un tonno in scatola??
Essere lì in quella baia, fuori dai comuni luoghi di confusione, con il sole che scendeva sul mare, in mezzo ai pescatori contenti della loro giornata, con la distesa dell'Oceano particolarmente tranquillo e blu, dava una sensazione di gioia e di pace che poche volte si può provare.
Al ritorno dalla gita da Half Moon Bay consumammo una bella cena in casa e dopo la cena, per passare ancora un po' di tempo prima di andare a dormire, Ribello ci portò a vedere i VAN. Cosa straordinaria per noi, abituati alle nostre piccole utilitarie. Il Van era quello che noi chiamavamo il Pulmino, un monovolume con 6 o 7 posti, che in Usa era un culto. Possedere un Van non voleva dire avere una macchina, ma un'altra piccola casa. Ognuno personalizzava il proprio con i più svariati accessori. Erano tutti dotati di tavolo, frigorifero, qualcuno con la televisione, incredibile.....La notte la passai sognando di poter un giorno averne uno tutto mio nel quale avere casa e ufficio, consumare lavoro e vacanze, magari sulle strade della California............
Dal Diario
......l'Urania ci ha offerto la colazione fuori casa prima di portarci in macchina a casa di Dany, sulle colline di Santa Cruz , che è la città dei giovani e degli hippies. Dany, anche se all'apparenza potrebbe non sembrare, è uno di loro. La sua casa è immersa nel verde. Appena ce la siamo trovata davanti siamo rimasti increduli, non pensavamo potessero esserci veramente case così, come quelle che eravamo abituati a vedere nei films western. Molto vecchia, con delle tende per porte, tante stanze, ognuna con un disordine unico. L'Urania era contenta di vedere suo figlio, al quale voleva un gran bene, anche se non condivideva il suo modo di vivere da scapestrato. Però non mancava occasione per difenderlo, anche quando Dany ha acceso una sigaretta dicendo che si trattava di tabacco della California, che lui coltivava in piantine che teneva sul tetto della casa. Ma per loro, almeno per ragazzi come Dany, è cosa normalissima fumare Marujana. Anzi, visto che ne produce in abbondanza là sul tetto, quella che gli rimane la vende anche..... .....e questo non è più tanto normale neanche in California (ed in seguito ne avremmo viste delle belle)......
......da casa di Dany, siamo poi scesi verso il mare, fino a Capitola, famoso posto di villeggiatura dove Gary stava passando il week end con la sua famiglia, un posto più normale, rispetto a Santa Cruz......
....dopo aver salutato Gary ed aver passato un po' di tempo con lui, Dany ci ha riportati a Santa Cruz, sulla passeggiata lungo il porto, dove si trovavano i divertimenti più impensabili e si vedevano le facce più strane ed inimmaginabili. Prima di rientrare a casa Dany e Daniele hanno voluto fare un paio di giri sul Rollercoaster, le montagne russe. Io non ho mai voluto andarci sopra neanche in Italia ed ho resistito per la fifa, anche se la tentazione era grande, essendo queste non le nostre solite Montagne, ma qualcosa che, di nuovo, avevamo visto solo nei films. Rientrati a casa, Dany ci ha mostrato il suo fucile Winchester e la sua pistola che porta sempre addosso: nessuno a casa sua sa bene cosa faccia!!!!
......e domani a S. Francisco.....
Testuale:
.....S. Francisco è forse la più bella città del mondo. Non so da dove iniziare.....
Alle 9,00 h siamo entrati in città e Pete ha cominciato a girare come un matto con la macchina. Qui il tempo è stranissimo, da un chilometro all'altro ci sono grandi sbalzi di temperatura e di nuvolosità. La mattina presto per esempio il Golden Gate Bridge era invisibile per la nebbia. L'entrata in San Francisco è stata fantastica. Ci siamo trovati immersi nei grattacieli. Era quella l'America che tutti si immaginano: intreccio di strade ed altissimi palazzi sviluppati verso il cielo. E' una cosa indescrivibile: è un'emozione fortissima che si prova soltanto essendoci in mezzo. Dal centro con i grattacieli abbiamo cominciato a girare tutta la città, passando su dei ponti magnifici. Il Bay Bridge, che collega S. Francisco a Auckland, è forse ancora più bello del Golden Gate: ci sono cinque corsie per le macchine in un verso e cinque nel verso opposto, ma una sopra l'altra. In città le strade sono tutte saliscendi, con salite ripidissime. I panorama sono meravigliosi. La prima tappa l'abbiamo fatta alla Lombard Street, la strada più tortuosa del mondo. Quindi siamo andati a Berkley dove si trova la famosa Università di Stato. Di gente non ce n'era tanta per via delle vacanze, ma se tutte le Università fossero così anche da noi darebbe veramente gusto studiare. A Berkley siamo rimasti pochissimo mentre (ce ne saremmo accorti più tardi) sarebbe valsa la pena fermarsi un po' di più. Ma questa prima trasferta a S. Francisco l'abbiamo fatta con Pete , un tipo tutto a modo suo. E' razzista al massimo (sputava quando vedeva i "nerini", così chiamati da lui i negri), ha paura di tutto ed odia i giovani hippies. A Berkley avremmo voluto trovare qualcosa di basket, ma ci è stato impossibile perché in estate in America il basket neanche lo conoscono.
Da Berkley siamo tornati in centro e saliti su una torre dalla quale era possibile ammirare tutta la città di S. Francisco e la sua baia. Quindi siamo andati a mangiare in un ristorante italiano. Dopo pranzo abbiamo girato un po' per il porto, quindi siamo tornati al Golden Gate Bridge che finalmente si poteva vedere, essendosi alzata la nebbia. Anche questa è stata una cosa fantastica. Il ponte è maestoso, il panorama non gli è da meno. Dal Golden Gate siamo tornati di nuovo in centro ed abbiamo visitato, sempre in macchina perché, probabilmente, Pete aveva paura a scendere, Chinatown e Brodway. Abbiamo poi visitato uno Store (Ghirardelli) dove c'era della gente che faceva spettacoli molto divertenti.....
....Daniele ed io siamo usciti di casa alla 10,00 h ed abbiamo corso per quasi due ore. Siamo andati di corsa (jogging) fino alla Stanford University. ......domattina quel pazzo di Ribello ci fa alzare alle quattro per andare a vedere le sequoia.....
......siam partiti alla volta di Yosemite, parco nazionale della California, situato a circa 2000 mt di altezza (6500 piedi). C'erano cascate e corsi d'acqua "very nice". Prima di arrivare alle sequoia abbiamo visitato un villaggio indiano ed uno di cercatori d'oro. Specialmente il secondo è stato molto interessante. C'erano case in legno con mobili originali, fine '700 primi '800....
...le sequoia sono effettivamente affascinanti. Le più grandi hanno un diametro di 30 piedi (10 mt) e sotto arriva a passarci un'automobile. 20 persone in cerchio non bastano a farne la circonferenza....
....In California in prossimità dell'Oceano è piuttosto fresco, a qualche miglio da esso il clima è meraviglioso, appena ci si sposta un po' all'interno il caldo è asfissiante....
...L'impressione che fin dall'inizio avevamo avuto della vita americana è stata poi confermata giorno dopo giorno fino alla partenza. Nelle ore non programmate infatti abbiamo sempre girato come matti per i negozi. All'inizio del soggiorno questo ci divertiva, perché ci dava modo di vedere e toccare tante cose che per noi, solo perché tipiche americane, quindi di un altro mondo, erano come reliquie. Col passare del tempo però queste visite diventavano sempre meno interessanti in quanto gli store sono sì tutti molto belli, con tantissima roba, ma che poi è sempre la stessa roba....
Etc. Etc. Etc.
Ho riportato alcuni stralci del mio diario per dare una idea di quello che poteva essere lo stato d'animo di due giovani Italiani ritrovatisi in quello che pochi anni dopo sarebbe stato il centro del mondo, l'origine e la genesi del mondo in cui tutti viviamo oggi.
Probabilmente a pochi passi da dove noi alloggiavamo viveva Steve Jobbs, Bill Gates era là a Stanford University , stava nascendo la Microsoft: questi due personaggi erano miei coetanei e io ero là dove loro vivevano.