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1 - IL BASKET

Il Basket è stato il filo conduttore di tutta la mia adolescenza, per continuare ancora più prepotentemente nel decennio degli anni '70, e ha marcato fortemente il mio carattere lasciando poi la sua impronta per tutto il resto della mia vita. Ancora oggi per qualcuno sono L'ALLENATORE (Coach).

A Pesaro in quegli anni si viveva di Pane e basket, oltre che di Pane e Mobili.

Il basket era sì vissuto a livello di tifoseria della Victoria/Libertas Pesaro (che sarebbe diventata La SCAVOLINI, mantenendo questa sponsorizzazione per circa 40 anni, con la conquista di due scudetti nazionali), ma, soprattutto, a livello parrocchiale. C'erano tre squadre parrocchiali a Pesaro che alla fine degli anni '70 si trovarono tutte a competere in quella che una volta era la serie B (oggi corrisponderebbe alla A2). Nell'arco dell'anno si vivevano 4-6 derby cittadini a livello di prima squadra, oltre a infiniti derby a livello giovanile. Chiaramente il vivaio della (non ancora) Scavolini (per un pesarese della mia generazione ancora oggi andare a vedere una partita di basket vuol dire andare a vedere la SCAVO....) era quello più forte e tra i più forti a livello nazionale.

Proprio nel '72, oltre a diplomarmi, avevo vissuto il mio primo anno completo da Allenatore Giovanile (l'anno precedente avevo acquisito il mio primo tesserino ufficiale), ricevendo tanto di riconoscimento con medaglia d'oro concessami per i buoni risultati ottenuti appunto nei vari derby cittadini. Ero quasi coetaneo dei miei giocatori (se non più giovane), ma, in quanto allenatore, mi sentivo un po' come il loro tutore. E ancora oggi, quando incontro alcuni dei miei ragazzi, mi sembra di essere ben più vecchio di loro.

Parlo del basket perché, essendo stato il filo conduttore della mia vita, ha contribuito a molte delle mie scelte e della mie avventure negli anni a seguire. Tutto negli anni '70 era in funzione del basket.

Al rientro dal viaggio a Parigi cominciava per me una nuova vita, quella dello studente universitario: Ancona, Facoltà di Ingegneria Elettronica.

E questo è stato l'inizio del mio Peregrinare da un posto all'altro dell'Italia prima, poi dell'Europa e poi del mondo. Il mio carattere tranquillo e pacifico non lasciava intravedere fino ad allora quell'impeto interno verso la ricerca e la conoscenza del mondo. Mio primo scopo era l'indipendenza: volevo uscire di casa, come si era soliti dire a quei tempi, ma non perché in casa ci fossero particolari problemi, piuttosto perché, forse già lo sapevo dentro di me, ma lo scoprivo allora, ho sempre ragionato con la mia testa, non ho mai accettato condizionamenti e non ho mai voluto accettare qualcuno a cui rispondere o che mi dicesse il da farsi.

Quindi l'allenatore: ero io che dovevo decidere come la squadra dovesse giocare, dettare i tempi, vedere la partita. Così come ero io che dovevo decidere della mia vita!! E a quel tempo la decisione fu: studiare per diventare ingegnere e allenare per rimanere nell'ambito sportivo.

Rientrati dalla vacanza Europea, subito cominciarono i preparativi per il trasferimento ad Ancona e l'organizzazione della nuova squadra da allenare: fu così che la spensieratezza degli anni adolescenziali (teen-age come dicono in inglese) finiva e iniziava il percorso della vita reale.

L'anno accademico e il campionato di basket iniziarono nello stesso periodo (ottobre) e così iniziò anche una routine di trasferte e spostamenti continui, come poi sarebbe stato per tutto il resto della mia vita.

Tra i ricordi più belli di quei primi anni di indipendenza ci sono gli esami superati e i campionati nazionali universitari di Basket. Le squadre che allenavo erano di categorie giovanili e campionati minori (promozione). Di aneddoti ce ne sarebbero sempre tanti da raccontare, ma voglio andare veloce sui due anni passati in Ancona. Voglio solo dire che iniziò piano piano la maturità e la presa di coscienza del mio carattere e di alcune sfumature del mondo.

Due cose mi hanno reso orgoglioso in quei due anni: il fatto di aver superato gli esami del biennio e di essere stato nominato allenatore del Cus Ancona. Già al primo anno lo ero (a soli 19 anni); poi il secondo anno riuscimmo a raggiungere le finali nazionali classificandoci terzi. Ricorderò sempre le goliardate fatte in quel di Fermo nei pochi giorni di soggiorno, insieme a tanti altri studenti universitari venuti da 8 facoltà diverse sparse per l'Italia.

Nonostante tutto andasse bene in quel periodo, già la mia voglia di cambiare e vivere avventure diverse prendeva il sopravvento. Fu così che decisi di trasferirmi alla Università di Bologna per terminare gli studi: Ancona già mi andava stretta con la sua provincialità, volevo la città Grande per allargare le conoscenze e interfacciarmi con persone diverse da quelle fino a quel momento frequentate.

A Bologna lo studio proseguiva sufficientemente bene, anche se, ormai a contatto con realtà alquanto diverse dal mio vissuto provinciale, nella mia testa cominciavano a sfumare certi valori e a mettersene a fuoco altri. La mia mente "matematica" cominciava a dare spazio alla mia mente "filosofica". Quindi più coinvolgimento, chiamiamolo così, politico, con acquisizione di valori di solidarietà e attenzione alle relazioni interpersonali. Cominciavano anche le mie letture più svariate e il gusto nascente della lettura appunto.

Continuando tuttavia ad allenare, decisi di prendere il secondo patentino di allenatore, quello propedeutico alla possibilità, dopo due anni, di arrivare ad allenare addirittura in prima serie.

Feci il corso a Cervia, in un caldissimo mese di luglio del 1975. Ero, a 21 anni, il più giovane dei partecipanti e avevo il terrore di essere bocciato: è sempre stato il mio problema quello di affrontare un esame, non riesco a sopportare il fatto che qualcuno possa giudicarmi, "male", senza conoscere quale sia il mio vero valore intrinseco (altro problema che ha caratterizzato tutta la mia vita).

Per non deludere me stesso ho quindi dato tutto quanto avevo dentro per raggiungere l'obiettivo. Il corso durava 10 gg e avrei dovuto sobbarcarmi ogni giorno una trasferta di quasi 200 chilometri. Si svolgevano sedute teoriche, ma anche pratiche, vere e proprie sedute di allenamento sui fondamentali tecnici e schemi di squadra. Pensai quindi di trovarmi un alloggio a Cervia, che però, essendo stagione estiva inoltrata, non aveva più disponibilità di camere d'albergo: trovai un sottotetto in una pensioncina del lungomare, un ambiente minuscolo dove il caldo, di giorno e di notte, era insopportabile....

Ma la voglia di riuscire a prendere quel tesserino era superiore ad ogni possibile sacrificio.

Il terzo giorno di corso si affrontava il "contropiede"......nella seduta pratica si doveva quindi scattare verso il canestro dal recupero: partii voltandomi di scatto tendendo i muscoli al massimo....nel mentre, il difensore che partiva con me, mi "toccò" con discreta violenza sul polpaccio sinistro. Il male fu tremendo, ma strinsi i denti e continuai. Ed ho poi continuato stringendo i denti per tutto il resto del corso. Intanto nel polpaccio si era creato un indurimento del muscolo che.......mi sono portato dietro per il resto della mia vita come piccolo nodulo. Non mi ha mai procurato particolari problemi, ma di tanto in tanto, quando il muscolo è particolarmente teso, si sente tirare e il ricordo va subito a quei giorni di luglio....

Alle fine l'esame lo superai e mi ritrovai ad essere probabilmente il più giovane allenatore semi professionista d'Italia.

Con il tesserino in tasca cominciai a darmi da fare per trovare una buona collocazione per la stagione '75-'76 chiedendo a tutte le mie conoscenze nell'ambiente. Per fortuna, che sempre aiuta, in quell'anno a Bologna stava cominciando il vero boom del basket. Oltre alle prime due storiche squadre cittadine, La Fortitudo e La Virtus, si stava allestendo una terza squadra che avrebbe dovuto quell'anno vincere il campionato di serie B (esistevano soltanto la serie A e la serie B all'epoca come campionati professionistici) per diventare la terza squadra nella prima divisione nazionale, caso unico in Italia. Esisteva però a Bologna anche una quarta squadra, allenata dal un famoso ex giocatore della Virtus, ormai a fine carriera, Lino Bruni, molto conosciuto e stimato a livello cittadino e nazionale. Lino aveva deciso di lasciare la serie A per prendere in mano l'altra storica squadra di Bologna, il cui campo di allenamento era il famoso Sferisterio, diventandone l'allenatore-giocatore. Essendo Lino anche giocatore e non avendo il tesserino di allenatore, la squadra aveva bisogno di un allenatore "ufficiale" a referto. Riuscii a mettermi in contatto con la dirigenza, ebbi un incontro con Lino e ci piacemmo subito. Mi diedero quindi una grande opportunità per fare una ottima esperienza come Allenatore della 4° squadra cittadina, nello stesso campionato del Gira, diventato Fernet Tonic, una delle più dispendiose sponsorizzazioni di quegli anni e, in proporzione, di sempre.

Sostanzialmente rimpiazzai uno degli allenatori emergenti nel panorama italiano (Di Vincenzo, che divenne capo allenatore della Fortitudo) e riuscii a vivere un anno memorabile per la mia vita (sportiva e non).

Essendo il campionato semi-professionistico, si era stipendiati: il mio contratto prevedeva l'alloggio e un piccolo contributo mensile, cosa che mi permetteva di vivere bene a Bologna, dove continuavo a frequentare la facoltà di ingegneria ottenendo i migliori risultati di sempre!!!

Sono due gli aneddoti interessanti di quell'anno:

la Fernet Tonic avrebbe dovuto, per come era stata costruita e i soldi spesi, vincere non solo il campionato, ma anche tutte le partite, e così fu di fatto. Ma è anche storia che il derby contro di noi, in uno Sferisterio gremito, lo aveva "perso": fu una partita memorabile, noi avevamo dato tutto e di più e volevamo assolutamente vincere e a 13" dalla fine eravamo 6 punti avanti (non esisteva il tiro da 3 punti...) con palla in mano...... Abbiamo perso per 13 punti....(al supplementare).....il pareggio fu ottenuto con un tiro del famoso Masini (pivot....) dalla metà campo a filo di sirena.....

Altra partita per me memorabile fu a Pesaro, la mia città, dove ritornavo da avversario contro la quotatissima Delfino allenata da "Schecco" Secondini: Schecco era stato il mio primo allenatore, colui che mi aveva fatto propendere per una carriera da coach anziché da giocatore, escludendomi, quando avevo 15 anni, dalla rosa che avrebbe disputato le finali nazionali giovanili a Roma.

Quel giorno la partita si era messa male per noi al palazzetto di Pesaro, e Lino era molto nervoso, al punto che a inizio secondo tempo si fece espellere: la squadra era in quel momento completamente nelle mie mani. Iniziammo una rimonta che sembrava impossibile ed arrivammo a un soffio dalla vittoria. A fine partita mi sentivo comunque super soddisfatto per la prestazione davanti a un pubblico di appassionati che mi riconosceva come quel ragazzo che chissà come era arrivato ad allenare in serie B a Bologna!!!

Per finire con quell'anno, devo aggiungere che mi diedero anche la panchina del CUS Bologna per la partecipazione alle finali nazionali di Viareggio. Rimpiazzai Alberto Bucci e..... riuscii a vivere un anno assolutamente indimenticabile!!...

Tutto questo, che avrebbe potuto segnare diversamente il mio cammino futuro, finì con il campionato di quell'anno: i costi di gestione di una squadra, anche se di serie B, cominciavano ad essere molto alti, non si trovò una nuova sponsorizzazione per il campionato successivo e la squadra venne sciolta: mi trovai quindi piuttosto scombussolato.

Senza le entrate, seppur minime, che mi garantivo facendo l'allenatore mi diventava molto difficile frequentare l'università (avrei dovuto restare a Bologna ancora due anni per terminare), in quanto la famiglia cominciava ad essere in qualche difficoltà economica e, per mio carattere, non volevo dipendere da nessuno, ma dovevo assolutamente riuscire a gestire da solo la mia situazione.

Fu così che trovai una nuova sistemazione a Pesaro che mi permetteva di racimolare qualche spicciolo, ma, d'altro lato, dovendo gestire allenamenti e trasferte lontano da Bologna, non riuscii più a frequentare come dovuto l'università e conseguentemente cominciai a rallentare lo studio, non dare esami.....bref....(per farla breve...) diciamo pure che è stata una scusa, ma una scusa plausibile, non sono riuscito più a laurearmi....

Chiudo qui la parentesi Basket, che altrimenti potrebbe essere argomento di un intero libro......Inserisci qui il tuo testo...

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